C'è acqua su Marte: la scoperta è italiana

C'è acqua su Marte: la scoperta è italiana

MARSIS, radar di concezione italiana partito dalla Terra nel 2003, ha consentito di rilevare acqua allo stato liquido nella profondità di Marte.
C'è acqua su Marte: la scoperta è italiana
MARSIS, radar di concezione italiana partito dalla Terra nel 2003, ha consentito di rilevare acqua allo stato liquido nella profondità di Marte.

Si, c’è acqua su Marte. Si, la scoperta è italiana. Ed è innegabile il fatto che entrambe le componenti di questa notizia abbiano un loro distinto peso specifico di grande importanza. La scoperta è stata infatti messa a segno dal radar Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) inviato attorno a Marte a bordo della sonda Mars Express. Innumerevoli giri attorno al pianeta rosso e ripetuti passaggi sulla stessa zona hanno evidenziato puntualmente la medesima anomalia nelle misurazioni, qualcosa che ha imposto ai ricercatori di focalizzare l’attenzione attorno ad una specifica area. I risultati sono ora pubblicati sulla rivista Science, ove ad essere messo in luce è quanto scoperto su un’area di 20 km quadrati presso la regione Planum Australe con dati raccolti tra il 2012 e il 2015.

Il radar invia segnali sulla superficie di Marte registrando i dati relativi ai segnali di rimbalzo: le caratteristiche dell’onda di ritorno, una sequenza discreta di numeri da leggere attraverso appositi algoritmi, consentono di interpretare quella che è la composizione del terreno, anche in profondità. Ed è proprio in profondità che è avvenuta la scoperta: un vero e proprio lago sotterraneo di acqua allo stato liquido, qualcosa che non solo conferma la presenza di acqua sul pianeta, ma che potrebbe conservare anche tracce di vita (vero e proprio cruccio a cui l’umanità cerca risposta). Lo studio è frutto di una collaborazione scientifica tra ASI, INAF Università degli studi Roma Tre, Università degli studi D’Annunzio, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e Sapienza Università di Roma.

Le rilevazioni MARSIS

Così Roberto Battiston, presidente dell’ASI, spiega l’importanza del risultato conseguito:

Questa scoperta è una delle più importanti degli ultimi anni. Sono decenni che ricercatori italiani sono impegnati nelle ricerche su Marte insieme a ESA e NASA, spesso in ruoli di leadership. I risultati di Marsis confermano l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia. Sono un ulteriore riprova dell’importanza della missione ESA a leadership italiana ExoMars, che nel 2020 arriverà sul Pianeta Rosso alla ricerca di tracce di vita fino a due metri di profondità sotto la superfice del pianeta.

ExoMars è infatti il prossimo grande traguardo: l’arrivo della sonda su Marte consentirebbe ad un trapano di ingegneria italiana di poter scavare il terreno, prelevando campioni in profondità per cercare tracce di acqua e di vita laddove l’assenza di radiazioni potrebbero averne consentita la conservazione. Ancora una volta sarà l’Italia a toccare il terreno marziano, in linea di continuità con gli studi di Schiaparelli che a suo tempo inaugurò l’incredibile ondata di curiosità nei confronti del pianeta più simile alla Terra di tutto il sistema solare.

Il fatto che su Marte ci fosse stata acqua in passato è qualcosa che gli scienziati danno ormai per conclamato da tempo. Più complesso è capire se l’acqua ci sia ancora: “Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare, che spazzò quella che mano a mano si vaporizzava dalla superficie degli specchi d’acqua. Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie o è legata al terreno nel permafrost. Ma una parte doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità e potrebbe ancora trovarsi allo stato liquido”. Con questa convinzione è partita la missione Mars Express portandosi a bordo il radar ideato dal prof. Giovanni Picardi dell’Università Sapienza di Roma. Il lancio avvenne il 2 giugno 2003.

Il radar MARSIS opera con frequenze tra 1.5 e 5 MHz in grado di penetrare il terreno marziano ad una profondità di 4/5 km: sono le caratteristiche geofisiche degli strati attraversati a definire tanto la profondità, quanto la qualità del segnale di ritorno. Quanto comunicato in queste ore è il risultato di 12 anni di orbite attorno a Marte, di rilevazioni di dati spediti nello spazio, del lavoro di un dispositivo attivo da oltre un decennio e dai complessi calcoli messi a punto dai vari team italiani coinvolti.

I profili radar, ottenuti da orbite diverse, che talvolta si incrociavano tra di loro, ed acquisite in diversi periodi dell’anno marziano quando nelle regioni polari sud si depositano sottili strati di ghiaccio di anidride carbonica, hanno mostrato caratteristiche peculiari ed hanno permesso di identificare un’area di circa 20km quadrati (centrata a 193°E e 81°S) nella quale la sottosuperficie è molto riflettente, al contrario delle aree circostanti. […] La parte più complessa del lavoro è stata l’analisi quantitativa dei segnali radar per arrivare a determinare la costante dielettrica dello strato riflettente ed identificarne, quindi, la natura. Questa parte del lavoro è durata quasi 4 anni, ma il gruppo è riuscito a determinare che la permittività dielettrica dell’area altamente riflettente è maggiore di 15, perfettamente in accordo con la presenza di materiali che contengono notevoli quantità di acqua liquida.

Quanto sia grande e profondo il lago non è ad oggi stimabile con troppa precisione, ma è immaginabile una ampiezza di qualche km per una profondità di qualche metro. Nulla che possa essere utile ad una permanenza dell’uomo sul pianeta, nulla che possa servire in modo diretto ad impossibili esplorazioni a grande profondità, ma un nuovo tassello fondamentale nella scoperta e nella conoscenza di Marte. ExoMars darà il proprio contributo fin dai prossimi mesi ed un passo ulteriore sarà compiuto per capire quando, come e se l’uomo potrà mai mettere stabilmente piede su un pianeta sicuramente inospitale, ma fondamentale per ampliare i confini della Terra.

Fonte: Science
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Pubblicato il
26 lug 2018
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