Aneesh Raman, dirigente di LinkedIn, ha lanciato un campanello d’allarme dalle pagine del New York Times. L’intelligenza artificiale sta erodendo le opportunità d’ingresso nel mondo del lavoro, ovvero quei primi impieghi che tradizionalmente permettevano ai giovani di fare esperienza.
LinkedIn avverte: l’AI minaccia le prime esperienze lavorative dei giovani
Nel settore tech, strumenti AI come gli assistenti di coding (es. GitHub Copilot) riescono a scrivere codice base o trovare bug in modo efficiente. Ma erano proprio questi i compiti che gli sviluppatori junior svolgevano per imparare il mestiere. Negli studi legali, la revisione dei documenti è sempre stata affidata agli assistenti legali e agli avvocati alle prime armi. Ora l’AI può analizzare e riassumere centinaia di pagine in pochissimo tempo, riducendo la necessità di personale giovane. Nel commercio al dettaglio, chatbot e strumenti di assistenza clienti automatizzati stanno sostituendo gli operatori umani nei compiti più semplici, spesso assegnati a lavoratori alla prima esperienza.
È un problema serio perché senza una prima esperienza concreta, i giovani lavoratori faticheranno ad acquisire le competenze necessarie per crescere professionalmente. I dati lo confermano. Negli USA, la disoccupazione dei laureati è aumentata del 30% da settembre 2022. È chiaro che non tutto può essere attribuito all’AI, ma ora si inizia a sentire il suo impatto.
Secondo una recente indagine di LinkedIn su 500.000 professionisti, la Generazione Z è più pessimista sul proprio futuro rispetto a qualsiasi altra fascia d’età. E quello che pensa la maggior parte dei senior manager non li rassicurerà. Cioè che l’AI finirà per assumere alcuni compiti ripetitivi che un tempo venivano svolti proprio dai dipendenti più giovani.
Le aziende devono continuare a reclutare giovani
Alla luce di ciò, Aneesh Raman suggerisce di ripensare l’istruzione superiore, con corsi di studio che dovranno inevitabilmente includere l’AI nei loro curricula, compreso l’uso di strumenti e una comprensione più generale delle problematiche associate a queste innovazioni.
Per quanto riguarda le aziende, aggiunge: “A meno che i datori di lavoro non vogliano rimanere a corto di personale per le posizioni dirigenziali, devono continuare ad assumere giovani. Ma devono ripensare le mansioni di base per assegnare ai lavoratori compiti più complessi che aggiungano più valore di quanto l’intelligenza artificiale possa produrre.“