Antennagate, un problema reale. E universale

Antennagate, un problema reale. E universale

Ricercatori UK stabiliscono che il problema della copertura delle antenne degli smartphone è reale. E non riguarda solo iPhone. Un problema strutturale, difficile da risolvere
Ricercatori UK stabiliscono che il problema della copertura delle antenne degli smartphone è reale. E non riguarda solo iPhone. Un problema strutturale, difficile da risolvere

Dietro il cosiddetto scandalo antennagate ci sarebbe molto di più del banale gossip tecnologico: un team dell’Università di Bristol ha replicato in laboratorio la degradazione del segnale dovuta alla semplice impugnatura di uno smartphone , l’ha misurata e ne ha decretato l’universalità assieme alla difficoltà oggettiva di potervi porre rimedio.

I ricercatori hanno misurato la sensibilità dell’antenna contenuta nei dispositivi di comunicazione portatile quando questi vengono tenuti in mano, sono liberi da impugnatura, o vengono a contatto con un pollice “finto” realizzato per simulare le interferenze elettromagnetiche della pelle umana.

I risultati dello studio : “Una riduzione di 100 volte nella sensibilità del dispositivo quando impugnato, o quando il pollice dell’utente viene simulato con materiale fittizio”. A degradare sensibilmente non è tanto “la forma della radiazione” elettromagnetica, dicono i ricercatori, quanto piuttosto “l’accoppiamento elettrico fra l’antenna e la circuiteria elettronica”.

A peggiorare ulteriormente il problema c’è la scoperta che i famigerati “bumper” forniti da Apple, o per meglio dire “un vuoto tra la superficie dell’antenna e il pollice fittizio realizzato usando uno strato di isolante elettrico di materiale plastico”, nulla possono per mitigare l’effetto deleterio della pelle umana sulla sensibilità dell’antenna alle onde radio.

Ma “antenngate” non riguarda soltanto Apple e il suo iPhone: il fenomeno rilevato dai ricercatori di Bristol ha una natura “universale”, tanto più che lo studio non è stato condotto attraverso gli smartphone oggi presenti sul mercato – iPhone incluso, dunque – quanto piuttosto con “dispositivi wireless dotati di antenne multiple e canali di input e output multipli (MIMO)”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 4 mar 2011
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