AppGratis rovina la classifica di App Store?

AppGratis rovina la classifica di App Store?

Un documento inchioderebbe la startup francese: sarebbe chiaro il tentativo di manipolare le classifiche di vendita su App Store. Il CEO nega tutto, il Governo francese lo spalleggia
Un documento inchioderebbe la startup francese: sarebbe chiaro il tentativo di manipolare le classifiche di vendita su App Store. Il CEO nega tutto, il Governo francese lo spalleggia

Vuoi entrare nella classifica delle 5 applicazioni più vendute su iPhone o iPad? Basta pagare . Si può anche decidere in quale nazione o quante nazioni conquistare il primato: con N dollari per download è fatta. Questo era quanto prometteva AppGratis ai suoi clienti e che avrebbe causato la sua cacciata dal marketplace Apple : sviluppatori in cerca di visibilità tra le centinaia di migliaia di applicazioni del marketplace, per ottenere una posizione in grado di garantire una redditività a lungo termine del proprio software, compravano questo servizio con tutto ciò che comportava. L’azienda francese nega qualsiasi pratica distorsiva: ma Business Insider pubblica una tabella che lascia pochi dubbi sulla sua interpretazione.

Per scalare la classifica in Italia occorrono circa 30mila dollari se si desidera finire nella top 5 iPhone, mentre ne bastano 15mila per iPad. Il picco massimo si tocca per gli Stati Uniti: lì per risalire fino al podio occorrono 300mila dollari. Il documento ottenuto da Business Insider mostra nel dettaglio il listino prezzi , se così si può definirlo, che AppGratis proponeva agli sviluppatori per convincerli a comprare i suoi servizi: una pratica che avrebbe l’effetto di alterare la meritocrazia dell’App Store, di fatto modificando le classifiche di vendita grazie alla “potenza di fuoco” degli utenti che hanno installata AppGratis e che decidono di scaricare i software proposti giornalmente.

Una pratica che non può essere ben vista da Apple , che ha tutto l’interesse nel sostenere come il proprio marketplace incarni il sogno americano in cui chiunque, per quanto piccolo e sconosciuto, sia in grado di conquistarsi la propria fetta di fortuna e celebrità con una buona idea e una buona app. Ma Simon Dawlat, CEO di AppGratis, neppure 24 ore prima aveva escluso questa prospettiva: “(…) Poiché l’algoritmo di App Store è basato da molto tempo soltanto sulla velocità di download, gli inserzionisti sanno perfettamente quanto stanno facendo. Raggiungere la cima di qualsiasi App Store è una semplice e logica equazione. Ma noi non stiamo facendo affari su questo. La nostra attività consiste nell’aiutare gli utenti finali a scoprire nuove app, e per farlo abbiamo obiettivi a lungo termine. Stiamo creando una community. Non ci è mai interessato manipolare le classifiche o cose simili”.

Esistono diverse chiavi di lettura per le attività e gli scopi di AppGratis. Acquistare spazi pubblicitari (in Rete? in App, magari tramite iAd?) al lancio di un’applicazione è una pratica del tutto legittima e del tutto ragionevole: è marketing , e se il budget dello sviluppatore lo prevede non c’è motivo di biasimarlo se decide di farlo. La questione, più probabilmente, per quanto concerne Apple e l’esclusione dei francesi dal marketplace riguarda l’effetto più o meno desiderato di alterare le classifiche di vendita : una “sofisticazione” che complica il marketing di Cupertino, con l’azienda fondata da Jobs e Wozniak che non riesce a tenere sotto controllo le attività in casa propria.

La questione, per altro, ha varcato il confine naturale di beghe tra sviluppatori e rischia di diventare una questione politica: il Governo francese, nella persona del ministro Fleur Pellerin (che per l’esecutivo di Hollande ha il compito di salvaguardare gli interessi dei piccoli e medi imprenditori digitali transalpini) è intervenuto nella faccenda , e minaccia di portare Apple a rispondere delle proprie azioni in sede europea . “Estremamente brutale e unilaterale” la decisione di Cupertino di cacciare AppGratis dall’App Store, “un comportamento non consono per un’azienda di questa dimensione”: Pellerin accusa le dotCOM di “abusi reiterati”, e ipotizza di chiedere alla Commissione Europea di meglio chiarire le regole da seguire in territori minati come search e social media.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
19 apr 2013
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