Roma – Brutto mestiere, quello del giornalista. Anni di onorato servizio a riverire i potenti, e poi càpita una quindicenne che arriva là dove nessuno è mai giunto prima: intervistare Bill Gates senza dovergli fornire le domande in anticipo, e soprattutto strappargli una confessione storica: anche al buon Bill il computer va in crash, e pure spesso.
Sarah Laughton, la giovane artefice dello scoop, ha infatti intervistato l’uomo più ricco del mondo il 7 dicembre scorso in un programma televisivo per ragazzi della BBC, sul cui sito trovate il testo integrale dell’intervista e il relativo video .
L’intervista è un umiliante esempio di professionalità per i nostri mezzibusti: Sarah, benedetta lei, non è per nulla intimidita dal fatto di trovarsi di fronte a Mr Gates, l’amico dei potenti di mezzo pianeta, colui che guadagna trecento dollari al secondo (stando al celebre Bill Gates Wealth Index ), e gli rifila una bordata di domande al fulmicotone.
Come la più scafata delle anchorwomen della CNN, prima dà l’impressione di essere in soggezione e lo lusinga chiedendogli che effetto fa essere definito l’uomo più ricco del mondo. Bill Gates risponde di essere lieto di poter fare tanta beneficenza (il che, va detto, è assolutamente vero e assolutamente meritevole). Poi, una volta abbassata la guardia dell’interlocutore, parte con l’affondo: le domande per le quali i giornalisti normali venderebbero la propria madre.
“La sua azienda è famosissima, ma c’è chi sostiene che lei abbia un monopolio sull’industria dell’informatica. Come reagisce a queste affermazioni?”.
Ora non so se avete dimestichezza con il giornalismo, ma in genere funziona così: un giornalista, se vuole fare strada, impara in fretta a non fare domande troppo pesanti ai potenti, perché se le fa verrà messo sulla loro lista nera. Niente accessi privilegiati alle informazioni, niente anteprime e indiscrezioni, niente inviti ai party aziendali. Nei casi peggiori, niente carriera. Ci sono quindi regole di comportamento da seguire. Nel caso di Microsoft, la regola numero uno è Non Parlare A Bill Di Monopolio. Ma Sarah non ha una carriera da mettere a repentaglio e quindi può osare.
Bill Gates non se l’aspetta, e così entra in funzione il suo “technobabble generator”: una apposita modalità di funzionamento mentale, popolarissima anche tra i politici italiani, che consente di emettere un fiume di parole apparentemente sensate che però non rispondono alla domanda. Chiunque abbia visto il filmato della sua deposizione al processo antitrust sa di cosa sto parlando.
Infatti la risposta di Bill è “Beh, Microsoft ha ottenuto il proprio successo realizzando prodotti a basso costo e migliorando costantemente questi prodotti e abbiamo davvero ridefinito l’industria dell’IT in modo che sia qualcosa che riguarda uno strumento per gli individui. Così siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto. Dobbiamo continuare a fare anche di meglio per mantenere la posizione di leadership che abbiamo”.
Il che, naturalmente, vuol dire tutto e nulla. Leggendolo attentamente, anzi, lo si potrebbe interpretare come “Microsoft realizza software spendendo una pipata di tabacco e rifilandolo agli utenti prima che sia stabile, in modo da poter vendere anche gli aggiornamenti (“migliorando costantemente questi prodotti”)”. Ma sarebbe una cattiveria, e siamo sotto Natale e quindi bisogna essere tutti più buoni.
Sarah non demorde: “OK. Come ha preso la notizia che Microsoft sarebbe stata trascinata in tribunale per il presunto monopolio?”.
Il technobabble generator di Bill riparte alla grande: “Beh, immagino che Microsoft abbia avuto una discussione di qualche genere con il governo su vari argomenti per oltre un decennio, e non è atipico, quando si ha successo, avere varie cose di quel tipo di natura. Non è la parte del mio lavoro che mi piace di più. Adoro costruire i prodotti, vedere la gente che usa i prodotti, ma sai, insieme al successo arriva anche la necessità di un dialogo con il governo”.
Notate il sofisticato algoritmo di conversione: “monopolio” diventa “posizione di leadership”, “cause antitrust multiple” diventano “discussioni e dialogo.”
Se questo fosse un incontro di pugilato, a questo punto interverrebbe l’arbitro frapponendosi fisicamente fra Sarah e Bill. Infatti Sarah infierisce senza esitazioni: “A proposito di successo, che ne pensa del modo in cui a certa gente sembra non piacere il successo che ha avuto con Microsoft?” Bill ribatte che Microsoft è sempre in cima ai sondaggi sulle società più ammirate e per le quali la gente lavorerebbe più volentieri, e che ama sapere dagli utenti cosa piace e cosa non piace dei prodotti Microsoft (Fermagli animati? Smart Tags? Schermate blu? Virus propagati grazie a Outlook?).
Sarah insiste: “Secondo lei cos’è che a loro non piace in particolare?” Suvvia, Sarah, non è gentile chiedere a Bill di parlar male dei propri prodotti. Non si fa. Infatti Bill risponde blandamente che “sono principalmente i concorrenti a parlarne male”. Quindi ricordate: quando Windows si blocca, non è colpa di Microsoft: sono gli accidenti mandati dalla concorrenza.
Vi risparmio il resto dell’intervista, che potrebbe turbare le menti più impressionabili, con l’eccezione di questa perla di Bill Gates: “In Microsoft ci sono molte idee geniali, ma l’impressione che si ha è che vengano tutte dall’alto, e temo che non sia proprio così”. A voi l’interpretazione più opportuna di questa confessione sibillina.
Ciliegina sulla torta, l’intervista si conclude con l’affondo finale: Sarah chiede a Bill, senza mezzi termini, se il suo computer va mai in crash. La risposta di Bill, sguardo a terra, è “Oh definitely!” (Oh, certamente!). Ops, forse era meglio non dirlo. Nel tentativo di contenere il danno, Bill precisa che analizza approfonditamente il perché, ma aggiunge che lo fa “ogni volta”. Il che indica che i suoi crash sono tutt’altro che infrequenti. E aggiunge: “Sappiamo, dalla nostra stessa esperienza d’uso, che possiamo farlo funzionare molto meglio e renderlo molto più affidabile”. Perbacco, che promozione entusiasta del proprio prodotto.
Dunque, grazie a Sarah Laughton e a Bill Gates per averci regalato un Natale più sereno. Ora, quando il nostro Windows farà le bizze, potremo consolarci pensando che non siamo noi gli imbranati. Che diamine, capita persino a Bill…