Biometria, gli USA sondano l'Europa

Biometria, gli USA sondano l'Europa

Negli States si preparano centinaia di installazioni negli aeroporti e nei porti, per tenere letteralmente sott'occhio e sotto scanner chi arriva negli Stati Uniti. Washington cerca una complicità che la UE è già pronta ad offrire
Negli States si preparano centinaia di installazioni negli aeroporti e nei porti, per tenere letteralmente sott'occhio e sotto scanner chi arriva negli Stati Uniti. Washington cerca una complicità che la UE è già pronta ad offrire

Roma – Identificare chi si sposta da un paese all’altro grazie alle caratteristiche uniche del suo corpo. Questo il cuore della nuova difesa biometrica che gli Stati Uniti intendono applicare ai propri areoporti e porti in tempi rapidi. Cam capaci di registrare un volto e confrontare la sua presenza in un database di “volti sospetti”, scanner capaci di salvare in un database le impronte digitali di chi accede agli USA. C’è tutto questo nei progetti già annunciati e in via di applicazione da parte del Governo americano, progetti che ora vorrebbe esportare nell’Unione Europea.

A rendere esplicito quel che si sa da tempo, cioè che gli USA vogliono trovare nella UE un solido appoggio per l’applicazione globale delle tecnologie biometriche, è stato nelle scorse ore il segretario americano della US Homeland Security, Tom Ridge , uno degli uomini più potenti nell’amministrazione americana che al centro delle proprie strategie pone la Sicurezza, proprio ciò di cui si occupa il dipartimento guidato da Ridge.

George W. Bush e Tom Ridge Secondo Ridge se Stati Uniti ed Unione Europea convergono su standard applicativi e tecnologici per la registrazione dei dati biometrici, la conservazione e l’utilizzo ai fini di sicurezza, allora sarà possibile pervenire ad uno standard biometrico internazionale capace di spingere in tutto il mondo l’ultima frontiera delle tecnologie di sicurezza.

Il primo passo secondo Ridge è l’integrazione di informazioni biometriche nei documenti di viaggio, un passo che peraltro alcuni importanti player europei, e non, hanno già deciso di compiere . “Per prima cosa – ha affermato Ridge dopo aver incontrato il ministro degli Interni tedesco – un patto transatlantico, USA-UE, capace di portare ad una discussione internazionale. Credo che lo sforzo sia quello di rinsaldare e armonizzare gli accordi tra di noi e poi di portarli al resto del mondo”.

Otto Schily A fargli da contraltare è stato proprio il ministro tedesco, Otto Schily, secondo cui ” inizialmente si potrebbero introdurre riconoscimento del volto e impronte digitali per chi giunge nella UE dal terzo mondo”. Secondo Schily “se Europa e Stati Uniti lavorano con standard diversi questo può creare non pochi problemi agli spostamenti”.

Può sorprendere ma secondo gli osservatori che in queste ore si sono espressi sull’argomento, a rendere più complessi gli accordi USA-UE sono, manco a dirlo, questioni di mercato. Il timore europeo, infatti, è che le compagnie americane che sul fronte della biometria hanno avuto un appoggio pressoché incondizionato del loro Governo, come la celebre Iridian Technologies , finiscano per trovarsi in una posizione di grande vantaggio e acquisiscano il dominio del settore delle tecnologie biometriche.

Ma una ulteriore complicazione sulla via di una intesa transoceanica si chiama privacy . Da tempo è in atto un vero e proprio scontro tra autorità europee ed americane sul trattamento dei dati personali di chi viaggia dalla UE agli USA, viste le maggiori tutele offerte ai cittadini europei. Aggiungere a tutto questo la prospettiva di una condivisione degli standard e delle informazioni allontana certamente l’obiettivo delineato da Ridge. Basti pensare che gli americani hanno confermato di voler conservare per almeno sette anni i dati di ciascun viaggiatore UE negli USA, una misura che il commissario europeo Frits Bolkestein ha diplomaticamente bollato come “sproporzionata”.

A dire il vero, comunque, gli USA non intendono aspettare le decisioni dell’Unione Europea. Ecco cosa già stanno facendo. Gli Stati Uniti sono molto più avanti dell’Unione Europea nell’applicazione delle tecnologie biometriche ai propri confini, quantomeno a quelli costituiti da aeroporti e porti commerciali. Dal prossimo gennaio, infatti, entra in vigore un piano del tutto nuovo che supera d’un sol colpo le lunghe sperimentazioni delle tecnologie biometriche ed impone nuove infrastrutture nei luoghi di maggior afflusso di visitatori esteri.

Le prime installazioni saranno effettuate in 115 aeroporti e 14 porti e secondo il sottosegretario alla sicurezza dei Trasporti e dei Confini della Homeland Security, Asa Hutchinson, “ci daranno la possibilità di sapere chi viola i limiti di un visto o chi è rimasto più a lungo di quanto consentito dal proprio visto”. Per il momento, infatti, le nuove installazioni biometriche lavoreranno solo su quei passeggeri che per entrare negli Stati Uniti hanno bisogno di un visto.

Le installazioni sono composte essenzialmente da due elementi. Ci sarà uno scanner di impronte digitali , capace di registrarle in pochi istanti, e una telecamera collegata ad un sistema informatico capace di scattare fotografie del volto . I dati così raccolti verranno confrontati con un database che conterrà i dati di quasi 25 milioni di persone tra businessman, studenti e turisti che ogni anno accedono con visto negli Stati Uniti in aeroporti e porti.

Ma la capacità di un sistema del genere di assolvere ai propri compiti è ancora tutta da dimostrare. Basti pensare che il mese scorso il braccio investigativo del Congresso, il General Accounting Office (GAO), ha messo in dubbio l’efficacia del riconoscimento del volto ponendo anche il problema dei costi. Il Congresso ha fin qui stanziato solo 330 dei 368 milioni di dollari che si ritengono necessari all’installazione dei nuovi apparati. Allo stesso tempo le lobby del turismo si sono mosse, sostenendo che sistemi del genere rischiano di danneggiare il settore. Come se non bastasse, poi, sui media eccheggiano ancora le accuse dell’ACLU , la potente associazione dei diritti civili, secondo cui il riconoscimento del volto è semplicemente inaffidabile.

Asa Hutchinson Tutte critiche alle quali Hutchinson ha finora risposto con ottimismo, spiegando non solo che l’intero processo di identificazione non richiede più di qualche minuto e sottolineando come il suo utilizzo non significhi abbandonare i normali controlli già impiegati. Secondo il funzionario americano, inoltre, l’efficienza del sistema è provata dal fatto che i test eseguiti fin qui avrebbero evidenziato solo lo 0,1 per cento di errore , una percentuale molto inferiore a quella citata dai detrattori di questa tecnologia.

Dinanzi alle difficoltà che incontrano le tecnologie di riconoscimento del volto appare in prospettiva più facile la vita delle imprese che propongono, invece, la più costosa ma più efficiente scansione dell’iride . Ecco nel dettaglio di cosa si tratta. Una delle tecnologie biometriche più gettonate è senza dubbio la scansione dell’iride, già applicata in organizzazioni ed enti di primo piano nonché dall’esercito americano su settori della popolazione irachena .

“La tecnologia di scansione dell’iride è una tecnologia opt-in : per utilizzarla è necessario il consenso del soggetto”. Così la descrive Iridian Technologies , secondo cui la certezza nell’identificazione dell’iride è superiore a quella di qualsiasi altra tecnologia biometrica o dell’analisi del DNA. Secondo Iridian non vi sono due iridi uguali e sono già note le caratteristiche di somiglianza nelle iridi dei gemelli, le uniche che un tempo si riteneva potessero complicare la vita agli scanner dell’iride.

Ma come avviene la scansione? Ecco come la descrive Iridian, probabilmente la società americana che ha più investito nel settore, al punto da essersi aggiudicata importanti commesse governative.

“La fotografia di un occhio è inizialmente sottoposta ad un software capace di localizzare i confini interni e quelli esterni dell’iride, e i confini dell’occhio vero e proprio, in modo tale da poter estrarre esclusivamente la porzione dell’iride. Ciglia o riflessi che possono coprire parti dell’iride sono individuati e scartati.

A quel punto un software sofisticato specializzato codifica le caratteristiche dell’iride con un processo che viene chiamato Demodulation . Questo dà vita ad un codice di fase basato sulle sequenze delle caratteristiche dell’iride, qualcosa di simile al codice sequenziale del DNA. Il processo di Demodulation utilizza funzioni note come wavelet 2D che creano una descrizione che, compatta e completa delle caratteristiche dell’iride, indipendentemente dalla sua dimensione o dalla dilatazione delle pupille, occupa 512 byte .

La sequenza di fase è chiamata template e cattura le caratteristiche uniche di un’iride in un modo sicuro che consente di compararla rapidamente e facilmente in un database anche molto ampio di altri template. Il template viene cifrato immediatamente per eliminare la possibilità di un furto di identità e per massimizzare la sicurezza”.

Sull’argomento vedi anche:
Interviste/ Biometria e sicurezza italiane
Tutti più sicuri con la biometria

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Pubblicato il 31 ott 2003
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