Contrappunti/ E poi il Search dominerà il mondo

Contrappunti/ E poi il Search dominerà il mondo

di M. Mantellini - L'accordo tra Google, Bing e Twitter apre la strada alla ricerca nella vita digitale di tutti i navigatori. Con il rischio di mettere nelle mani di pochi il destino di molti
di M. Mantellini - L'accordo tra Google, Bing e Twitter apre la strada alla ricerca nella vita digitale di tutti i navigatori. Con il rischio di mettere nelle mani di pochi il destino di molti

Le aspirazioni enciclopediche di Google sembrano ormai non avere confini. Non contenta di essere leader nella pubblicità in Rete, nelle ricerche sul web, nella digitalizzazione di testi e in tutta una serie di servizi che vanno dalla posta elettronica alle suite di produttività online, la casa di Mountain View, solo nelle ultime settimane, ha dato il via a Google Wave, una interfaccia collaborativa innovativa e molto caotica, si è spesa nel campo musicale, annunciando un sistema ibrido di search di musica in Rete che prenderà il nome di Google Discover Music ed ha allungato con convinzione il proprio interesse al mondo dei social network.

Nel corso del Web 2.0 di San Francisco Marissa Mayer di Google ha annunciato un accordo con Twitter per includerne i dati nei propri risultati di ricerca (ma la stessa cosa ha fatto Twitter con Bing di Microsoft) e ha presentato l’ennesimo nuovo prodotto dei Google Labs che prenderà il nome di Google Social Search.

Esiste da tempo una contraddizione di principio fra ricerche sul web e social network. Non è un caso se, per esempio, l’immensa quantità di informazioni contenute nei profili di Facebook, sono generalmente tenute lontane dai database dei motori di ricerca. La natura di questa contraddizione è tanto evidente quanto sacrosanta: la gran parte delle nostre attività sociali di Rete sono, per loro stessa essenza, attività sostanzialmente private.

Nel momento in cui grandi fette della vita di relazione in tutto il mondo si trasferiscono dai cassetti delle nostre scrivanie alla Rete è evidente che questa distinzione fra pubblico e privato acquista un valore sempre maggiore. Per la stessa ragione i progetti di social search andrebbero considerati pericolosi fino a prova contraria.

Secondo l’idea nata nei laboratori di Google sarà possibile limitare la ricerca per keywords ad un circolo limitato di utenti da noi stessi scelti, per poter raggiungere informazioni messe in Rete solo da questi contatti speciali. Il prossimo passo sarà probabilmente quello di includere nei risultati di ricerca i dati provenienti da Facebook (per ora Microsoft ha annunciato un accordo per includere nelle ricerche di Bing gli status update di Facebook) e a questo punto, quando la potenza delle ricerche sarà capace di scandagliare anche i luoghi privati della vita di Rete, il danno sarà probabilmente fatto.

Tutti sappiamo che al crescere della pervasività degli strumenti di Rete dovrebbe crescere la maturità degli utenti nel loro utilizzo. Questo ovviamente non è, e infatti oggi la grande leva commerciale di Facebook e le sue speranze per il futuro risiedono anche in questa “altrui inadeguatezza”, una scarsa attenzione ai propri dati che certamente potrà e dovrà ridursi nel tempo ma che è, in ogni caso, destinata a mantenersi molto diffusa. Da questo punto di vista le opzioni di privacy di default di Facebook assumono una doppia valenza: da un lato tutelano gli utenti dalla invadenza dei motori di ricerca, dall’altro consegnano a Facebook stesso la gestione futura di una simile montagna di informazioni. Una volta sperimentata la scarsa praticabilità della gestione di simili dati per creare canali di pubblicità targettizzata (il progetto Beacon, annunciato alla fine del 2007 poi precipitosamente abbandonato), oggi l’unica concreta ricchezza di Facebook risiede nella grande mole di informazioni che ogni giorno i suoi utenti caricano sulle sue pagine.

Contemporaneamente anche la lotta fra i motori di ricerca per l’accesso alle informazioni contenute nei social network travalica la necessità, da tutti oggi molto sentita, di raffinare la ricerca integrandola col racconto del “realtime web”: il prezzo da pagare è quello di accettare di indicizzare enormi quantità di dati se non privati, largamente irrilevanti, come per esempio gli aggiornamenti di stato di milioni di cittadini del pianeta.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il 2 nov 2009
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