Contrappunti/ La carta e i bit. I bit e la carta

Contrappunti/ La carta e i bit. I bit e la carta

di M. Mantellini - Un solo utente, più dispositivi. Compreso il caro vecchio libro analogico. Editori, siete avvisati: avete visto cosa è successo ai discografici? Non rifate gli stessi errori
di M. Mantellini - Un solo utente, più dispositivi. Compreso il caro vecchio libro analogico. Editori, siete avvisati: avete visto cosa è successo ai discografici? Non rifate gli stessi errori

Una delle ragioni per cui sono abbonato alla versione digitale de La Repubblica è questa: è stato il primo grande giornale italiano, dopo un periodo di stordimento iniziale che ha colpito tutti gli editori, ad offrire ai lettori un unico abbonamento digitale indipendente dalle piattaforme. Il quotidiano arriva ogni mattina su iPad, sul cellulare, sul desktop del computer. Lui insegue me e io non devo inseguire lui. Oggi sembra banale ma c’è stato un periodo in cui non lo era affatto e gli editori avevano immaginato di chiedere abbonamenti diversi per lo stesso prodotto su differenti piattaforme. Poi sono rinsaviti.

Una delle ragioni per cui sono abbonato a Internazionale è che ogni abbonato alla versione cartacea del settimanale (sottoposto come tutti alle paturnie del sistema postale italiano) riceve, compreso nel prezzo, l’accesso immediato alla versione digitale del magazine. Probabilmente in futuro non sarà più così, ma per ora ci sono momenti e luoghi nei quali la lettura su carta continua ad avere un senso, altri nei quali la velocità e l’immediatezza del giornale di bit prevalgono.

Qualche giorno fa Nicholas Carr sul suo blog citava il caso dei dischi di vinile all’interno dei quali alcune case discografiche hanno iniziato a inserire credenziali che consentono agli acquirenti di scaricare la medesima musica in formato digitale: una sorta di mutuo soccorso dove il mondo dei bit soccorre quello dei supporti, magari affascinanti ma ormai preferiti solo da una nicchia di audiofili più o meno raffinati. In attesa che le cose cambino definitivamente vecchio e nuovo ambiente giustamente si completano l’un l’altro.

Lo stesso vado ripetendo da tempo per i libri elettronici e lo stesso fa Carr nel suo articolo citato: in molti casi un certo numero di lettori (e io fra loro) sarebbero disposti a pagare il prezzo della versione cartacea di un libro a patto che all’interno di quel medesimo prezzo fosse compresa anche la versione elettronica: posso pagare (forse, e solo in certi casi) il costo di un testo in brossura, magari un romanzo di quelli ingombranti che è scomodo e pesante da portare in viaggio, oppure un manuale o un saggio che desidero poter sottolineare con una matita, ma non comprerò mai lo stesso libro due volte per averlo a disposizione anche in formato digitale.

Il mercato degli ebook mi costringe a scegliere, e un numero sempre maggiore di persone nel mondo sceglie la versione digitale. Così facendo il nuovo mercato in espansione cannibalizza quello non ancora morto dell’editoria cartacea. Nel frattempo gli editori mostrano la tendenza a compiere con esattezza gli stessi errori che l’industria musicale ha compiuto nell’ultimo decennio. Formati non compatibili, DRM, campagne di stampa sulla pirateria canaglia, un corteo di comportamenti noti e che si sperava superati suggeriscono di immaginare gli strateghi del mercato editoriale elettronico come strani esseri appena estratti da un congelatore nel quale sono rimasti ibernati negli ultimi 15 anni.

Invece che tentare di gestire la transizione conducendo i propri lettori a cavallo fra vecchi e nuovi formati, gli editori di libri sembrano oggi in dolorosa balia del nuovo. Razionali conti economici fatti a tavolino, grandi timori e antiche abitudini impediscono di invertire l’assioma secondo il quale il prodotto precede il cliente e la varietà dei formati è un comodo moltiplicatore economico. Per le aziende in cui il valore oggi si trasporta dentro pacchetti di bit sembrerebbe essere vero l’esatto contrario. Il tentativo di lasciare separati ambienti conosciuti ed inediti contesti digitali rischia di aumentare i problemi del periodo di mezzo (che nei paesi a bassa innovazione come il nostro sarà verosimilmente piuttosto lungo) e contribuisce a sedimentare un inutile risentimento verso l’ambiente digitale che non fa bene alle aziende e non giova ai lettori. Occorre elaborare il lutto e come scriveva Franco Carlini molti anni fa “rassegnarsi a collaborare, rassegnarsi alla pace”.

Massimo Mantellini
Manteblog
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Pubblicato il 27 feb 2012
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