Contrappunti/ Numeri a rotoli

Contrappunti/ Numeri a rotoli

di Massimo Mantellini - Siamo in fondo alle classifiche europee ma nonostante questo ci permettiamo ritardi ormai imbarazzanti su tutte le decisioni strategiche che riguardano l'accesso alla rete. E ci rallegriamo con una bufala
di Massimo Mantellini - Siamo in fondo alle classifiche europee ma nonostante questo ci permettiamo ritardi ormai imbarazzanti su tutte le decisioni strategiche che riguardano l'accesso alla rete. E ci rallegriamo con una bufala

I più pessimisti dicono che ormai è inutile e che non c’è molto da fare. Siamo un paese vecchio e stanco e così rimarremo. Io, per anticipare un mio punto di vista presenile, sono con loro. A dispetto delle statistiche che con frequenza ormai settimanale ci avvisano, ad ondate alterne, che siamo un paese immobile ed in frenetico cambiamento, qui pacificamente si inizia a non credere più a nessuno. Capita, quando ci si era ormai decisi per una posizione e un istante dopo qualcuno, impunemente, ce ne propone una diametralmente opposta.

E tuttavia, come sanno i più vecchi lettori di Contrappunti , di gran parte dei numeri che riguardano lo sviluppo tecnologico del paese, da queste parti se ne è sempre fatto un uso moderato e circospetto, visto che non solo la divulgazione giornalistica ci mette talvolta del suo ma anche i numeri stessi in Italia parecchie volte non sembrano in grado di affrontare neanche la minima ispezione, tanto sono finti, improbabili o campati in aria.

Per esempio qualche settimana fa il wishful thinking di qualche entusiasta delle nuove tecnologie ha spinto i giornali a dedicare molte euforiche parole al prossimo sorpasso (nel 2008) della rete Internet nei confronti della TV. Dico, ma a voi sembra possibile? In Italia poi, dove la maggioranza dei cittadini nemmeno la usa Internet? Si tratta, a prima vista, di una di quelle statistiche impossibili da accettare anche quando, come nel caso in questione, i garanti di una simile lapidaria affermazione siano nomi autorevoli ed affidabili (e non la solita media agency in cerca di notorietà) come il Politecnico di Milano e la Nielsen. Eppure, ai più precisi non era certo sfuggita una analoga ricerca sempre di Nielsen di solo 6 mesi fa nella quale il rapporto (in minuti di fruizione) fra Tv e Internet in Italia era di 239 a 58.

Poi silenziosamente la notizia bella ed eccessiva scompare nel nulla, brutalmente contrapposta al nostro 18esimo posto (certificato Eurostat) nelle classifiche europee dell’accesso alla rete e quasi nessuno si prende la briga di chiedere conto delle affermazioni pubblicate da Repubblica (erano vere? erano false? erano solo un po’ gonfiate?). Solo Luca de Biase, che io sappia, si è preso la briga di andare da Nielsen un pomeriggio e di tornarsene a casa (e scrivere sul suo blog) quello che tutti noi sospettavamo, vale a dire che la notizia di Repubblica del sorpasso di Internet sulla TV in Italia è una simpatica bufala. In realtà la ricerca in questione tratta di tutt’altro e l’articolo di Repubblica è semplicemente una cosa priva di qualsiasi fondamento, che nessuno poi ha sentito il dovere di smentire e che comunque è riuscito a sollecitare i nostri migliori istinti di patrioti orgogliosi ed infatuati dalla tecnologia.

Del resto siamo abituati a leggere statistiche da tutto il mondo che raccontano la continua erosione che Internet provoca nel confronto degli altri media, la prevalenza delle news online rispetto a quelle su carta, il sorpasso (in UK però) della pubblicità online rispetto a quella su quotidiani.

Che la rete abbia grandi numeri da mostrare in gran parte di paesi occidentali è una notizia ormai consolidata da qualche anno che non può non farci piacere, pur abitando in una nazione che rappresenta un rispettabile eccezione a questa tendenza: che è aliena al commercio elettronico, che accede alla rete con percentuali ben al di sotto della media europea e che continua a far parlare di sé sui media solo in relazione ai suoi aspetti spettacolari e deteriori.

Il traino benevolo dell’accesso alla rete come valore fondante della crescita culturale dei cittadini è almeno in parte, fortunatamente, scollegato dalle dinamiche nazionali ed avviene comunque, anche se il paese numero 18 nell’Europa a 27 con un tasso di accesso alla rete di oltre 10 punti inferiore a quello della Slovenia, continua orgogliosamente ad incentivare l’acquisto di televisori dotati di decoder per il digitale terrestre come massimo afflato nei confronti dello sviluppo tecnologico. Senza che nessuno abbia mai sentito il bisogno di chiedere al Ministro Gentiloni quale sia il valore intrinseco di una simile incentivazione (forse quello di mantenere alto il numero di spettatori di Porta a Porta?).

Siamo in fondo alle classifiche europee ma nonostante questo ci permettiamo ritardi ormai imbarazzanti su tutte le decisioni strategiche che riguardano l’accesso alla rete (il Wi-Max per esempio, che sta nascendo lentamente dentro un papocchio che non promette nulla di buono, ma anche lo scorporo della rete di Telecom Italia o anche solo i burocratismi assurdi per l’accesso wifi legati al decreto Pisanu appena rinnovato in silenzio), abbiamo l’Autorità per le Comunicazione più imbelle ed inutile fra quelle possibili, incapace perfino di imporre le decisioni che essa stessa ha promulgato (le metodiche di calcolo dei costi dell’accesso ADSL per esempio) e nonostante tutto questo sfacelo, nonostante il palese collasso della politica delle reti che semplicemente non interessa a nessuno nei palazzi della politica, ci permettiamo di scrivere sui giornali che Internet ha superato la TV.

Mentre il Ministro delle Comunicazioni sul suo blog si rattrista per la mancata visita del Papa alla Università di Roma, intorno a lui (e a noi) tutto va allegramente a rotoli e se non ci fossero le notizie sull’euforia dell’accesso alla rete nel paese davvero non si saprebbe come descrivere la grande occasione persa che continuiamo a perdere ogni giorno che passa.

Una iperbole giornalistica al giorno e siamo a posto. Una specie di terapia del dolore palliativa applicata ad una malattia che sarebbe francamente curabile ma che per qualche ragione non interessa a nessuno.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il 21 gen 2008
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