Contrappunti/ Quali utenti in Parlamento?

Contrappunti/ Quali utenti in Parlamento?

di Massimo Mantellini. Nessuno li ha eletti ma in 11 rappresentano l'utenza internet e, per ora, sfornano proposte folkloristiche. Inevitabile che sia così, vista l'incapacità dell'utenza italiana di associarsi con forza
di Massimo Mantellini. Nessuno li ha eletti ma in 11 rappresentano l'utenza internet e, per ora, sfornano proposte folkloristiche. Inevitabile che sia così, vista l'incapacità dell'utenza italiana di associarsi con forza


Roma – Una piccola premessa indispensabile: da piccolo ho regolarmente e con profitto frequentato il catechismo, la comunità parrocchiale, i lupetti e successivamente i boyscout.

Detto questo, da quando le reti telematiche hanno iniziato a collegare fra loro milioni di persone in tutto il pianeta, anche il concetto stesso di associazione è mutato, poichè la vicinanza digitale ha enormemente potenziato le possibilità di incontro fra persone di uguale sensibilità, idee o passioni. A differenza di quanto accaduto altrove, l’utilizzo della rete per tali scopi in Italia, ha avuto, fino ad oggi, poco successo. In particolare l’associazionismo digitale attorno alle problematiche Internet (privacy, copyright, diritti digitali etc.) che in altre parti del mondo ha visto sorgere movimenti molto solidi partecipati e combattivi (come la ormai storica Electronic Frontier Foundation ), in questi primi anni di Internet Italiana non ha quasi dato segno di sé.

Assistiamo così ad un vuoto di rappresentanza degli utenti della rete ogni qualvolta, in ambienti istituzionali o di progettualità politica, si affrontano tematiche inerenti ad Internet ed ai diritti-doveri dei suoi “cittadini”. E non c’è dubbio che i risultati di questa assenza si vedono tutti.

Nonostante alcune esperienze passate come quella di Alcei o de La Città Invisibile finite o mai decollate del tutto per mancanza di interesse, nel nostro paese oggi non esiste alcuna esperienza di associazionismo degli utenti della rete che riunisca, dal basso e per via telematica, un numero significativo di individui che abbiano qualche possibilità di far sentire la propria voce.

Qualcuno potrebbe ragionevolmente obiettare che non ce n’è alcun bisogno (anche se proprio le esperienze statunitensi stanno a dimostrare il contrario) poichè Internet non è che un mezzo e gli utenti di Internet non sono altro che consumatori come gli altri, le cui istanze possono essere efficacemente coperte dagli esistenti movimenti consumatori, eppure la sensazione di necessità di una rappresentanza concreta che si concentri sulle tematiche della connettività rimane viva.

Pensavo questo qualche giorno fa, leggendo su una agenzia di stampa queste parole che Cesare Mirabelli, Presidente del Consiglio Nazionale degli Utenti dei servizi di telecomunicazioni, ha pronunciato recentemente di fronte alla commissione bicamerale sull’infanzia, affrontando il problema dell’autoregolamentazione dei contenuti in rete:

“….un efficace mezzo di controllo sull’accesso a siti a rischio potrebbe essere quello di differenziare i costi di accesso a determinate pagine web a seconda del tipo di contenuto presente, ovviamente prevedendo tariffe più vantaggiose per siti e pagine a carattere educativo o ludico.”

In attesa che Mirabelli spieghi in concreto “come” secondo lui sia possibile mettere in pratica questa grande idea (chiunque conosca anche solo superficialmente le dinamiche della rete sa che ciò non è possibile in alcuna maniera) dobbiamo constatare che al fallimento delle iniziative di associazionismo dal basso degli utenti della rete Internet, ha fatto seguito quello di rappresentanze dei consumatori dei servizi di telecomunicazione individuate in altro modo.

Il CNU sembra essere una di queste. Nato nel 1999 come emanazione della Autority Comunicazioni che ne ha eletto gli 11 membri, tale consiglio è composto da “esperti designati dalle Associazioni rappresentative delle varie categorie degli utenti dei servizi di telecomunicazioni e radiotelevisivi”. IL suo scopo è quello di: “dare attuazione alle istanze democratiche di salvaguardia della dignità umana nell’ambito del sistema comunicativo, del pluralismo, della obiettività, completezza ed imparzialità dell’attività informativa e di comunicazione, dell’apertura alle diverse opinioni, tendenze politiche, sociali, culturali e religiose”.

A rigor di logica il CNU rappresenta quindi anche me. Pur in assenza di una mia seppur minima delega – evidentemente non necessaria – il suo presidente si presenta in Parlamento, in qualità di esperto delle cose di Internet, ad esporre punti di vista a dir poco folkloristici come quelli sopracitati o a riproporre idee come quella della bollinatura dei siti web sotto il controllo degli ISP i quali – a sentire Mirabelli – dovrebbero farsi carico oltre che di una attività di gendarmeria digitale, perfino della “trasmissione periodica, da parte dei provider direttamente agli utenti, di black e white list che indichino i siti a rischio per i minori e quelli invece accessibili”.

Dando una rapida occhiata alle note biografiche degli 11 membri del CNU si può scoprire che il presidente, Cesare Mirabelli , è un ex vicepresidente del CSM, docente universitario che si è occupato in particolare di problemi attinenti i rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose. Fra i restanti componenti Paolo Bafile è docente di diritto delle comunicazioni sociali alla Università Pontificia Salesiana di Roma, Giovanni Cocco è ingegnere urbanista, inventore del premio televisivo internazionale “A.GE. Chiara d’Assisi”, attribuito ai programmi televisivi che maggiormente favoriscono i valori della famiglia, l’educazione dei ragazzi, l’essere genitori oggi, Piergiorgio Liverani è giornalista, già direttore di Avvenire, ove collabora, tuttora, come opinionista….. segue poi una lista di altri docenti universitari, giornalisti e psicologi che insieme a Giovanni Pagano , Presidente dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili, completano la lista degli 11 componenti del Consiglio Nazionale degli Utenti.

Ora, con il massimo rispetto per i mutilati e gli invalidi civili e forte dei miei già certificati trascorsi cattolici, credo di poter dire tranquillamente che questi signori non rappresentano per nulla il mio essere utente dei servizi di telecomunicazioni e che, con sufficiente approssimazione, non rappresentano nemmeno la grandissima parte degli utenti Internet in Italia.

Non si tratta di un problema da poco né di facile soluzione: la reticenza di noi tutti a diventare soggetti attivi legittima l’esistenza di organismi di rappresentanza fittizia quali il CNU, un comitato nel quale, in maniera quasi paradigmatica, è possibile individuare la distanza fra una società civile “vecchia”, tronfia e spesso impermeabile ad ogni innovazione, ed un mondo digitale che è sì, ormai quotidianamente, al centro delle cronache e dell’attenzione della società, ma che resta per ora ancora irrimediabilmente arroccato sulle sue posizioni: prima fra tutte quella di un individualismo sterile di chi non fa nulla per tutelare le proprie istanze nel mondo reale, tranne poi invece lamentare, nel confortevole universo online, la poca attenzione di politici e legislatori verso i propri diritti di cittadino cyber.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
11 mar 2002
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