Contrappunti.it/Maglie di fine anno

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di Massimo Mantellini. Durante la trasmissione, la vittima sacrificale, il responsabile TIN.it ha passato una mezz'oretta a chiedere umili scuse a un manipolo di utenti inferociti
di Massimo Mantellini. Durante la trasmissione, la vittima sacrificale, il responsabile TIN.it ha passato una mezz'oretta a chiedere umili scuse a un manipolo di utenti inferociti


Web (internet) – La maglia nera 1999? A Massimo D’Alema.
Perchè dopo mesi di parole in libertà su come favorire la riscossa telematica nel nostro paese, elencando una decina di imminenti iniziative del governo pensate per l’accesso alla rete e la diffusione dell’informatica, è riuscito a non mantenere alcuna delle troppe promesse fatte.

Risparmiatevi la lettura dela legge finanziaria: di iniziative per Internet e i suoi utenti non si trova traccia. L’unico prodotto del governo al riguardo è uno sfortunato spot televisivo sullo “scemo del villaggio globale” che, a questo punto, può essere letto con qualche connotazione autobiografica nei confronti del suo ideatore.

Maglia grigio scura (molto scura) per Enzo Cheli, presidente dell’Autority per le Garanzie nelle Comunicazioni, da spartire equamente con i membri dell’organismo da lui presieduto, per non averne azzeccata una fra le decisioni in suo potere per favorire lo sviluppo di Internet in Italia.

La letargia cronica dell’Autorità napoletana ha prodotto (tra le altre cose) la scomparsa di qualche centinaio di piccoli ISP, il mantenimento del costo delle linee dedicate a valori dieci volte superiori a quelli degli altri paesi UE, il blocco sul nascere della concorrenza nella connettività ADSL, l’incremento dei costi medi di tariffazione fissa urbana. Cheli ha molte gatte da pelare, si sa, ma forse qualcosa degli oltre 400 milioni che ogni cittadino paga ai membri dell’Autority si sarebbe potuto risparmiare.

Maglia a scacchi per TIN.it le cui ormai celebri minaccie nei confronti dei sottoscrittori dei loro abbonamenti (chiamarli clienti è forse troppo) che non mandano regolare e burocratica disdetta per raccomandata allo scadere del contratto, sono diventate talmente note da essere uscite dai newsgroup della gerarchia italiana per arrivare in TV a “Mi manda Rai3”. Durante la trasmissione, la vittima sacrificale, il responsabile del Customer Care di TIN.it, con sguardo contrito e testa bassa, ha passato una mezz’oretta a chiedere umili scuse a un manipolo di utenti inferociti.

Potere della TV, che è riuscita a generare un responsabile in carne e ossa dei servizi “soddisfazione clienti” in una azienda che classicamente non risponde mai a nessuno: né ai numeri verdi, né ai fax, né alle raccomandate. Non cito nemmeno le comunicazioni via email, strumento per colloquiare coi propri utenti apparentemente sconosciuto al più grande provider italiano.

Maglia grigio chiara alla buona volontà dei grandi gruppi editoriali e distributivi che nel 1999 hanno iniziato a spendere i loro soldi per essere visibii anche in rete. La qualità di quanto offrono lascia ancora molto a desiderare ma si tratta per lo meno di una chiara dichiarazione di intenti. Si tende a spendere molto di più in campagne pubblicitarie sui giornali e in TV piuttosto che concentrarsi su quello che si offre sul web. Del resto la cultura di Internet è ancora parecchio distante dalla mentalità degli imprenditori nostrani che oltretutto, più che ad una architettra web ben fatta che attiri traffico, pensano al ritorno economico derivante dalle quotazioni in borsa delle loro iniziative. Il risultato? Portali fotocopia di scarsa attrattiva e poveri di idee. Miglioreranno col tempo.

Maglia bianca infine ai nostri politici: nel senso di una nostra personalissima resa senza condizioni purchè lascino stare Internet e si occupino d’altro. La via (politica) europea allo sviluppo della rete infatti, così come si sta delineando nelle intenzioni del Presidente Europeo Prodi, è quanto di più contradditorio si possa immaginare. Si parte dalla constatazione che Internet è ormai il motore della economia USA per auspicare medesimi risultati. Tranne poi ignorare completamente il modo con cui questo successo è stato raggiunto oltreoceano.

Così al posto della libera circolazioni delle merci la UE sogna l’imposizione di dazi doganali, al posto del libero mercato finanziario si ipotizzano tassazioni sulle stock options, invece che accessi diffusi, liberi e veloci si vaneggia sulla necessità di permessi, regolamenti, bolli e, dulcis in fundo, di un bancomat individuale per collegarsi a Internet. Prodi è forse il primo politico italiano che parla un inglese decente, ma se queste sono le premesse su come far crescere la rete nel vecchio continente la sua anglofilia sembra fermarsi lì.

Noi a questo punto una proposta veloce e indolore per dare una mano alla Internet europea (e italiana) ce l’avremmo: mandare a Bruxelles, al posto di Prodi, il prof. Cheli dell’Autority delle Comunicazioni. In un attimo tutti questi progetti si copriranno di polvere in fondo ad un cassetto. Per la gioia di noi tutti che otterremmo due risultati con una sola mossa.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
20 dic 1999
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