Craig Steven Wright: Bitcoin l'ho creato io

Craig Steven Wright: Bitcoin l'ho creato io

Il sospettato numero uno rivela pubblicamente di essere il principale responsabile del progetto Bitcoin, una "confessione" forzata corroborata da prove tecniche apparentemente inconfutabili. Ora vuole essere lasciato solo
Il sospettato numero uno rivela pubblicamente di essere il principale responsabile del progetto Bitcoin, una "confessione" forzata corroborata da prove tecniche apparentemente inconfutabili. Ora vuole essere lasciato solo

Sono stati apparentemente svelati il volto e l’identità di Satoshi Nakamoto , il misterioso autore originario del progetto Bitcoin a cui i media internazionali danno la caccia da anni: Nakamoto è la “digital persona” di Craig Steven Wright, informatico e imprenditore australiano già sospettato di avere avuta un ruolo fondamentale nello sviluppo della tanto chiacchierata criptomoneta virtuale.

È lo stesso Wright a mettere fine alle speculazioni parlando con i reporter della BBC , provando il suo coinvolgimento nell’affaire Bitcoin con l’uso delle chiavi crittografiche riconducibili ai primi blocchi di BTC calcolati da “Satoshi Nakamoto” nel 2009. Le firme digitali mostrate agli intervistatori corrispondono alle chiavi usate più di un lustro fa.

La confessione di Wright risolve uno dei misteri informatici più dibattuti degli ultimi anni, e pone fine al tentativo di mantenere l’anonimato da parte del cittadino australiano: ho provato in ogni modo a nascondermi, dice Wright, ma la pressione delle indagini ha reso difficile la vita alla mia famiglia e ai miei collaboratori fuori e dentro il territorio australiano.

Ora l’inventore di Bitcoin dice di voler essere lasciato solo, e di non essere interessato a corrispondere né all’adulazione né all’odio da parte del pubblico; certamente saranno le autorità australiane a interessarsi a lui, e non a caso a un solo giorno di distanza dalla rivelazione la polizia federale ha già provveduto a fare irruzione nella casa e negli uffici del businessman. Il fatto, a quanto pare, non riguarda specificatamente Bitcoin ma le indagini su un sistema informatico di notevoli dimensioni che necessita di un canale di approvvigionamento energetico aggiuntivo.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 2 mag 2016
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