Diffamazione online? Cambierà tutto

Diffamazione online? Cambierà tutto

di Franco Abruzzo - Nuova legge all'esame della Camera: la diffamazione a mezzo stampa o Internet perderà il carcere e sarà punita soltanto con la multa fino a 5mila euro. Ecco tutte le novità
di Franco Abruzzo - Nuova legge all'esame della Camera: la diffamazione a mezzo stampa o Internet perderà il carcere e sarà punita soltanto con la multa fino a 5mila euro. Ecco tutte le novità


Roma – Alla Camera è in discussione una proposta di legge sulla diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione che rappresenta un “condensato” di una serie di proposte (C. 26 Stefani, C. 385 Volontè, C. 1177 Anedda, C. 1243 Pisapia, C. 2084 Pecorella, C. 588 Cola, C. 539 Siniscalchi e C. 3021 Giulietti). Tutti testi facilmente reperibili sul sito della Camera dei Deputati .

Cosa cambierà anche per chi pubblica su Internet? Quale impatto avrà la nuova legge sui casi di diffamazione a mezzo stampa, Internet o altro media? Di seguito ospitiamo un intervento sulla riforma trasmessoci da Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.

di Franco Abruzzo
Chi scrive un articolo non rischierà più di andare in galera: se colpevole del reato di diffamazione sarà punito con la multa fino a 5mila euro. Se l’autore dell’offesa è un giornalista professionista alla condanna “conseguirà” la pena accessoria dell’interdizione dalla professione per un periodo da un mese a tre mesi. La richiesta di rettifica sarà condizione di procedibilità per l’esercizio del diritto di querela (entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto) e per proporre (entro un anno) l’azione di risarcimento danni causati da diffamazione a mezzo della stampa, della televisione, delle trasmissioni informatiche o telematiche o di qualsiasi altro mezzo di comunicazione e diffusione. Il giornalista, che si pente e ritratta o rettifica, sarà dichiarato non punibile e risarcirà il danno maturato per la frazione di tempo compresa tra la pubblicazione dell’articolo e quella della smentita o della rettifica. Questi sono alcuni punti qualificanti del “testo base” della nuova legge sulla diffamazione a mezzo stampa definita dal relatore Gian Franco Anedda (An) con il parere positivo del Governo espresso dal sottosegretario alla Giustizia, Jole Santelli. Il progetto sarà esaminato in maggio dalla Commissione Giustizia di Montecitorio, che potrebbe anche discuterlo in sede deliberante.

Cambierà radicalmente l’articolo 57 del Codice penale, che punisce i reati “commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva e altri mezzi di diffusione”. L’articolo dice: “Fuori dalle ipotesi di concorso nel reato, il direttore o il vice direttore responsabile del giornale, del periodico o della testata giornalistica radiofonica o televisiva, rispondono dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione soltanto se l’autore della pubblicazione o della diffusione è ignoto o non imputabile al momento del fatto”. In sostanza il direttore responsabile non risponderà più per colpa (in sintesi per aver omesso di vigilare sugli articoli scritti dai redattori e dai collaboratori). Il direttore responsabile o è complice dell’articolista e allora ne seguirà la sorte ( per concorso nel reato ), oppure, se non è così, rimane fuori dal processo a meno che “l’autore della pubblicazione o della diffusione non sia ignoto o non imputabile al momento del fatto” . Il giornale stampato è parificato ai giornali radiotelevisivi e telematici ( “gli altri mezzi di diffusione del pensiero” ).

Viene riscritto l’articolo 596-bis del Codice penale, che sanziona espressamente la “diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione” . Il rinnovato articolo prevede che “chiunque con il mezzo della stampa, della televisione, delle trasmissioni informatiche o telematiche o con qualsiasi altro mezzo di comunicazione o di diffusione offende la reputazione di una persona, di un ente, di una società o di una associazione, è punito con la multa fino a cinquemila euro. Alla condanna consegue la pubblicazione del dispositivo della sentenza e una delle pene accessorie di cui ai commi primo e secondo dell’articolo 19 del Cp. Se l’autore dell’offesa è un giornalista professionista alla condanna consegue la pena accessoria dell’interdizione dalla professione per un periodo da un mese a tre mesi” . Il riferimento al primo comma dell’articolo 19 del Cp riguarda “l’interdizione dai pubblici uffici” evidentemente a carico di quanti, pubblici ufficiali (magistrati, agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, funzionari dei tribunali), spifferano ” notizie del diavolo” e rispondono con i giornalisti della diffusione di fatti ritenuti diffamatori.

Il nuovo articolo 596-bis del Cp, nel rispetto della deontologia professionale dei giornalisti, dà molto spazio e valore al dovere di rettifica e di smentita: “L’autore dell’offesa non è punibile:
1) se entro quattro giorni dalla diffusione della notizia spontaneamente pubblica e diffonde con la stessa evidenza e con la stessa collocazione, senza commento, una smentita della notizia diffusa o una completa rettifica del giudizio o commento offensivo;
2) se il direttore del giornale o del periodico o, comunque, il responsabile, entro tre giorni dal ricevimento, o, per i periodici nel primo numero successivo al ricevimento, pubblica e diffonde integralmente, con la stessa evidenza e collocazione tipografica e diffusione, senza commenti, le dichiarazioni o le rettifiche, contenute nel limite di trenta righe, dei soggetti cui siano state rese pubbliche immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni o comportamenti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale;
3) se, citando la fonte, ha riportato le affermazioni di una persona intervistata o acquisite da due fonti qualificate e autonome tra loro;
4) se la persona offesa e l’offensore, d’accordo, deferiscono a un giurì d’onore il giudizio sulla verità del fatto”.

Il giornalista, che rettificherà o smentirà, non punibile sul piano penale, pagherà danni molto contenuti in sede civile. Dice l’ultimo comma dell’articolo 596-bis: “Il verificarsi di una causa di non punibilità esclude il diritto al risarcimento del danno, fatto salvo quello cagionato prima del verificarsi della causa di non punibilità. Il giudice nel liquidare il danno tiene conto dell’effetto riparatorio della rettifica o della smentita” . In sostanza verrà risarcito il danno maturato tra la data di pubblicazione dell’articolo e la data di pubblicazione della rettifica o della smentita. Il giudice, comunque, nel liquidare il danno dovrò tener conto dell’effetto collegato alla pubblicazione della rettifica o dello smentita “con la stessa evidenza e con la stessa collocazione, senza commento”.

Il direttore o il vice direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche, l’editore della stampa non periodica, i quali non pubblicano la smentita o la rettifica, “sono solidalmente responsabili con l’autore per il risarcimento del danno causato dalla diffamazione”. Questa norma tutela la libertà del giornale e dei giornalisti. Un direttore responsabile può anche decidere che sia meglio pagare che perdere pubblicamente la faccia, soprattutto quando ritiene (ma non dimostrato nelle aule dei tribunali) di avere ospitato notizie diffamatorie sì, ma vere e di interesse pubblico.

Franco Abruzzo
Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia

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Pubblicato il
28 apr 2003
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