Memristori ? Chip PCM ? Magnetic RAM ? Niente di tutto ciò: il futuro dello storage permanente potrebbe essere biologico, a base di DNA di salmone e con un tocco di nanotech che non guasta mai. Si parla, per la precisione, di filamenti di DNA estratti dallo sperma di salmone i quali, opportunamente trattati, si trasformano in dispositivi di storage WORM (“Write Once Read Many times”) pienamente operativi.
La ricetta “segreta” dello storage salmonato è in realtà l’aggiunta di nanoparticelle di argento al filamento di DNA del pesce dei mari del nord (Atlantico): trattando il mix di nanoparticelle e codice genetico con raggi ultravioletti, i ricercatori hanno fatto in modo di assemblare i due elementi prima di inframmezzali tra due elettrodi.
Il composto elettrodo-nanosalmone-elettrodo così ottenuto tende poi a comportarsi come un transistor al silicio: al di sotto di una certa tensione di soglia non è permesso il passaggio della corrente elettrica, ma se si superano i 2,6 volt il composto passa da uno stato di bassa conduttività a uno di alta conduttività permettendo l’incisione di dati come in un supporto ottico qualsiasi.
I dati così incisi restano tali in maniera permanente, dicono i ricercatori, e possono dunque essere recuperati e letti da dispositivi informatici funzionando come veri e propri sistemi di cyber-storage organico-digitale. La popolazione di salmoni del mondo, neanche a dirlo, non gioirà del risultato.
Alfonso Maruccia