Facebook, sconfitta sul campo tedesco

Facebook, sconfitta sul campo tedesco

Ispirarsi ad un sito non significa copiarlo. Il giudice di Colonia salva StudiVZ dalle accuse. Alternative a Facebook? Sì, grazie
Ispirarsi ad un sito non significa copiarlo. Il giudice di Colonia salva StudiVZ dalle accuse. Alternative a Facebook? Sì, grazie

Siamo solo al primo round, ma il social network più popolare al mondo è stato costretto a provare il sapore della sconfitta . Facebook ha perso , infatti, la sua causa legale contro StudiVZ, accusato di plagio di design e furto di proprietà intellettuale. La corte di Colonia lo ha espresso a chiare lettere in un comunicato: “Sebbene esistano evidenti similarità tra i due siti, il giudice non può stabilire l’esistenza di un plagio di natura disonesta”.

In altre parole, un cambiamento di colore (dal famoso blu al rosso) e impostazioni di profilo simili non sono prove sufficienti per condannare il social network tedesco. StudiVZ, come spiega la corte, non ha rubato alcunché dato che i suoi utenti sono ben consapevoli della differenza tra i due siti . E si tratta di non pochi utenti: oltre 14 milioni suddivisi nelle tre principali ramificazioni del presunto “clone” di Facebook.

A supportare la decisione del giudice tedesco, alcune prove decisamente inconfutabili. StudiVZ è stato lanciato, con base a Berlino, nel 2005, anno in cui il sito originario di Cambridge, Massachusetts era diffuso soltanto in lingua inglese e popolare tra i soli utenti del Nord America. Ben poco da guadagnare, quindi, dal furto di un’idea che in Germania sarebbe arrivata solo nel marzo 2008, quando StudiVZ poteva già contare su una solida base di 10 milioni di iscritti. Fatto che, ad esempio, tenderebbe a scagionare Ehssan Dariani (fondatore insieme a Dennis Bemmann del sito) che aveva precedentemente ammesso di essersi ispirato al social network in blu.

Ispirarsi, tuttavia, non significa – almeno secondo Colonia – rubare il layout e, addirittura, il codice sorgente come sostenuto dai legali di Facebook. Il giudice ha puntualizzato che non ci sono sufficienti prove per dimostrare il furto del codice, sottolineando inoltre che stralci del suo codice sono ancora disponibili gratuitamente online.

Finisce così il primo round di questa battaglia. Facebook avrà la possibilità di ricorrere in appello e, in ogni caso, potrà contare su una seconda azione legale intentata presso un tribunale della California.

Il regno dei profili è stato a sua volta accusato di plagio: il fondatore Mark Zuckerberg avrebbe attinto troppo ad un’idea nata tra i banchi della sua sua stessa università. Ma questa è un’altra storia .

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
19 giu 2009
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