Washington (USA) – Fino all’ultimo momento le speculazioni si sono moltiplicate, tanto da indurre molti a ritenere probabile che l’appello del processo antitrust contro Microsoft si sarebbe effettivamente tenuto nella sede della Corte Suprema. Ma questa ieri ha deciso il contrario. Pare che su nove giudici della Corte Suprema, solo uno, Stephen Breyer, abbia votato contro il rinvio alla Corte d’Appello, affermando che “una decisione conclusiva raggiunta rapidamente avrebbe potuto contribuire alla certezza del diritto”.
Dopo aver rimandato per due volte ogni decisione, il massimo organo giudiziario ha rifiutato all’accusa la “corsia preferenziale” che era stata chiesta per procedere speditamente sulla via di una sentenza definitiva sul caso Microsoft. Quest’ultima aveva invece chiesto alla Corte Suprema di rinviare il caso al tribunale d’Appello citando la quantità di documenti in ballo e gli errori che sarebbero stati commessi in primo grado dal giudice che ha presieduto il caso, Thomas Penfield Jackson. Come si ricorderà, in primo grado Microsoft è stata condannata per abuso di posizione dominante nel mercato del software.
Il caso passa dunque nelle mani della Corte d’Appello che aveva già evidenziato alla Corte Suprema la propria disponibilità ad “ospitare” il processo antitrust “en banc”, cioè con una presidenza condivisa da tutte le divisioni d’Appello. Proposizione, quest’ultima, pare senza precedenti a Washington D.C.
Le prime reazioni mettono in evidenza la sorpresa di molti, soprattutto al Ministero della Giustizia, che ha comunque fatto buon viso a cattivo gioco affermando: “Contiamo di poter presentare le nostre tesi nel più breve tempo possibile alla Corte d’Appello”. Cauto anche Steve Ballmer, boss di Microsoft, a cui viene attribuita da tutti la vittoria in questo round della contesa legale: “Siamo felici di poterci difendere presso la Corte d’Appello”. Ben più chiaro il procuratore generale dell’Iowa, uno degli stati federali che si è costituito contro Microsoft: “Siamo scontenti di questa decisione. Continuiamo a ritenere che una decisione finale e veloce su questo caso sia di interesse generale e che la Corte Suprema sia il foro più appropriato”.