Un tempo si era soliti indicare la valigetta nera (nuclear football) che da decenni accompagna il Presidente degli Stati Uniti d’America in ogni spostamento come il simbolo della sua autorità e influenza. Oggi potremmo fare altrettanto con il video appena condiviso da Donald Trump sul proprio social network Truth. Perché, nell’era dell’intelligenza artificiale pervasiva e del tutto consentito, entrare a gamba tesa sul conflitto israelo-palestinese con un filmato simile, è equiparabile a uno sfoggio di potere che stride con la posizione di chi, su quello stesso tema delicato, si trova a gestire un equilibrio di per sé già precario, muovendo i fili della diplomazia internazionale. Forse, lo riterremmo discutibile anche se pubblicato dall’ultimo della fila alle prese con un nuovo giochino AI.
È questa la visione di Trump per il futuro di Gaza?
33 secondi in totale, ma più che sufficienti. Le odierne macerie della Striscia di Gaza lasciano ben presto spazio a un Elon Musk sorridente e affamato (più avanti tornerà per lanciare banconote ai bambini), a un palloncino e a statue dorate del presidentissimo, a una riviera da raggiungere a bordo di yatch, ad auto elettriche e a resort di lusso. Qui sotto un embed da YouTube.
È degno di nota anche il testo della colonna sonora che accompagna la clip, un mix di propaganda e ostentazione.
Donald’s coming to set you free
bringing the light for all to see
no more tunnels, no more fear
Trump Gaza’s finally here.Trump Gaza’s shining bright
golden future, a brand new life.
Feast and dance the deal is done,
Trump Gaza number one.
Non c’è più la distopia di una volta
La posizione di Trump su Israele e Palestina è nota fin da prima della rielezione. Il suo volere per il futuro della Striscia di Gaza, anche. L’uscita di oggi è però talmente inopportuna da andare oltre la parodia di Maurizio Crozza in TV. Ridimensionarla, catalogandola come una smargiassata dal taglio ironico e autoironico (dopotutto, in chiusura lo stesso tycoon è spiaggiato su una sdraio al fianco di Netanyahu), non sembra essere la migliore delle strade da percorrere nemmeno per i suoi più strenui difensori: dimostrerebbe la totale incapacità di tenere in considerazione tutte le implicazioni derivanti da un conflitto che ha sconvolto un’intera popolazione.
E pensare che, meno di due anni fa, faceva discutere la notizia della pubblicazione del primo video a sfondo politico generato da un algoritmo. All’epoca utilizzavamo il termine distopia senza renderci conto che, a stretto giro, gli avremmo dovuto appiccicare un nuovo significato. Oggi, quel muro è crollato, abbattuto da un processo di normalizzazione in cui il confine tra vero e falso, tra consono e inadeguato, si fa intangibile. Come passa il tempo, nell’era dell’AI.