Google, algoritmi antipirateria

Google, algoritmi antipirateria

Mountain View tenta di accontentare l'industria dei contenuti penalizzando fra i risultati di ricerca i siti più colpiti dalle segnalazioni di violazione del copyright. Ma la soluzione, ricorda, è rendere la pirateria meno fruttuosa
Mountain View tenta di accontentare l'industria dei contenuti penalizzando fra i risultati di ricerca i siti più colpiti dalle segnalazioni di violazione del copyright. Ma la soluzione, ricorda, è rendere la pirateria meno fruttuosa

Strattonata fra le pretese dell’industria del copyright e le aspettative dei cittadini della Rete assetati di contenuti, Google illustra al mondo le proprie attività di contrasto alla pirateria. Fra prese di distanza rispetto alle risorse illegali e promozione dell’offerta legale, la Grande G annuncia anche un aggiustamento ai propri algoritmi, volto a rendere meno facilmente reperibili i contenuti messi a disposizione presso gli snodi del sottobosco dell’illecito.

Nel report How Google Fights Piracy , Mountain View passa in rassegna le strategie dispiegate fino ad ora: si sottolinea l’ efficacia di Content ID nell’arginare e nel monetizzare le violazioni su YouTube sulla base dei 25 milioni di file di riferimento messi a disposizione dai detentori dei dritti, si ricorda che i suggerimenti automatici che completano le ricerche degli utenti vengono puntualmente epurati dalle parole chiave che potrebbero indirizzare alle violazioni, anche sulla base dei milioni di notifiche inviate dall’industria rispetto ai siti che ospitano contenuti senza autorizzazione.

Sono proprio le segnalazioni inoltrate dall’industria dei contenuti ad orientare Google nell’affinamento dei propri risultati di ricerca e nel modo di presentarli agli utenti. Già nel 2012 Mountain View aveva annunciato il proprio impegno per affondare, fra le pagine dei risultati, i link che puntassero a contenuti protetti dal diritto d’autore e ospitati illegalmente su siti segnalati dai colossi del copyright. Gli sforzi compiuti finora da Google non sono evidentemente stati sufficienti per soddisfare le richieste dell’ industria dei contenuti e delle istituzioni , che seguitano ad invocare soluzioni per fare in modo che gli intermediari come i motori di ricerca escludano i risultati che possano indurre alla tentazione della pirateria.

Google ha così provveduto ad aggiustare i propri algoritmi: fra i risultati già non figurano le singole pagine segnalate dai detentori dei diritti, e le segnalazioni dell’industria saranno determinanti anche nell’ assegnare il ranking a un sito . “I siti caratterizzati da un grande numero di richieste di rimozione potrebbero comprarire più in basso fra i risultati di ricerca”, spiega Google: a partire da questa settimana i siti più segnalati verranno penalizzati fra i risultati di ricerca, così da migliorare la visibilità dei risultati offerti da fonti autorizzate.

Sul fronte poi della promozione dell’offerta legale , Google si dice attivamente impegnata nell’indirizzare i netizen verso servizi proposti dai detentori dei diritti: lo farà attraverso l’ advertising posizionato in testa alla pagina dei risultati e sulla destra, suggerendo collegamenti a piattaforme legali agli utenti che cerchino titoli di contenuti audiovisivi e musicali associati a certe parole chiave come “online”, “donwload” o “free”.

Se il passato dimostra come sia lecito dubitare che le soluzioni adottate dalla Grande G sappiano soddisfare l’industria dei contenuti, Google tiene a ridimensionare le proporzioni della propria responsabilità nel contesto dell’illegalità in Rete: gli stessi amministratori dei siti che indirizzano gli utenti e che ospitano contenuti illegali, ricorda Mountain View, hanno spesso dichiarato di non aver bisogno dei motori di ricerca per conquistarsi la visibilità, in quanto si appoggiano a meccanismi virali, al passaparola, ai social network. Inoltre, spiega Mountain View, le piattaforme pirata proliferano, e continueranno a farlo finché questa attività continuerà ed essere redditizia : “i tentativi di farli scomparire – suggerisce Google richiamandosi al principio follow the money – dovrebbero concentrarsi sullo sradicamento del modello di business che li rende profittevoli”. L’industria, fra accordi con gli attori dell’ advertising e con gli operatori dei pagamenti , sta iniziando a recepire.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
21 ott 2014
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