Google, automatismi diffamanti

Google, automatismi diffamanti

Tribunale di Hong Kong accoglie una denuncia nei confronti di Big G: avrebbe diffamato attraverso il suo servizio di completamento automatico delle parole ricercate, basato sulle ricerche più popolari operate dai netizen
Tribunale di Hong Kong accoglie una denuncia nei confronti di Big G: avrebbe diffamato attraverso il suo servizio di completamento automatico delle parole ricercate, basato sulle ricerche più popolari operate dai netizen

Secondo la Corte Suprema di Hong Kong Google può essere denunciata per le associazioni effettuate in automatico dal suo motore di ricerca.

Il sistema automatico di suggerimenti offerti da Mountain View al momento della digitazione nel box di ricerca della sua homepage già in passato è stato al centro di diverse azioni in diversi paesi: mentre, per esempio, il Tribunale di Milano ha ritenuto Big G non responsabile del contenuto di tali associazioni, in Giappone ed in Germania Google è stata condannata a correggere la funzione e a pagare i danni ai diretti interessati.

A portare avanti la nuova accusa per diffamazione legata al servizio di autocomplete di Google davanti ai tribunali di Hong Kong è stato l’imprenditore Albert Yeung Sau-shing : a non piacergli, il fatto che quando gli utenti usano la versione inglese o quella cinese del motore di ricerca per cercare il suo nome, Big G suggerisca parole chiave come “triade”, “Sun Yee On” e “14K”, nomi di bande associate alla mafia cinese.

Il magnate chiede a Mountain View di rimuovere tale suggerimento e pagare i danni; da parte sua, Google afferma che si tratta solo del risultato dell’ algoritmo legato alle ricerche più frequentemente effettuate attraverso il suo servizio .

La Corte di Hong Kong – tuttavia – ha dato per il momento ragione all’accusa, ignorando l’appunto di Mountain View secondo cui non vi sarebbe alcun tipo di intervento o manipolazione umana, ed ha al contrario parlato di “dati ed aggregazioni” da parte Google, che per questo può essere considerata a tutti gli effetti un “editore”, in quanto tale denunciabile per diffamazione.

Secondo gli avvocati di Google, naturalmente, questo significa minacciare “la base stessa di Internet”, soprattutto se significa richiedere ai motori di ricerca di controllare i contenuti che possono essere resi accessibili.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
8 ago 2014
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