Washington (USA) – Giro di vite nel settore dell’intrattenimento videoludico. Il moralismo politico sta per inaugurare una nuova campagna di “intimidazione” nei confronti del settore economico più redditizio degli ultimi anni. I senatori Hillary Clinton e Joseph Lieberman, martedì scorso, hanno anticipato che il 12 dicembre, quando il Senato statunitense riprenderà i lavori, verrà depositata una proposta di legge federale – da inserire nel Family Entertainment Protection Act – che vieterà la vendita dei videogiochi più violenti ai minori e istituirà nuove restrizioni.
La notizia non giunge inaspettata, soprattutto dopo le polemiche che quest’estate avevano posto al centro dell’attenzione l’ultima edizione di Grand Theft Auto , accusata di essere violenta e diseducativa , quindi successivamente bollata con la tripla X, normalmente apposta ai contenuti per adulti. L’elemento catalizzatore fu la circolazione di una patch che, inserita nel gioco, permetteva di stravolgerlo e trasformarlo in un soft-porno in stile Leisure Suit Larry , con scene di sesso simulato.
“Le famiglie dovrebbero essere certe che i propri bambini non siano in grado di poter acquistare giochi con contenuti violenti e pornografici”, ha dichiarato Hillary Clinton , senatore Democratico di New York. Il momento scelto per l’annuncio non è casuale: proprio ora il National Institute on Media and the Family , l’organizzazione non profit che vigila sui media, ha pubblicato il suo annuale rapporto sul settore videoludico. La MediaWise Video Game Report Card ha evidenziato lacune nel sistema di rating dei giochi, la mancanza di supervisione da parte dei genitori e le responsabilità dei distributori nonché degli sviluppatori nella vigilanza sui contenuti espliciti.
Sebbene si tratti ancora di una bozza di legge, sul sito ufficiale di Hillary Clinton è presente un documento che descrive a grandi linee gli obiettivi. Possono essere riassunti in: divieto di vendita e noleggio di videogiochi con rating M e RP (ancora sotto valutazione di rating) ai minori di 17 anni; controllo dei rating da parte di un’organizzazione super partes e indipendente; controllo da parte della Federal Trade Commission ( FTC ) dei rating errati; gestione da parte della Bureau of Consumer Protection ( BCP ) delle eventuali segnalazioni provenienti dai consumatori; controllo annuale, a campione, da parte della FTC sulla legalità delle vendite. Ogni documentazione raccolta dovrà poi essere sottoposta all’attenzione del Congresso.
“Vi sono stati progressi negli ultimi dieci anni, ma i videogiochi violenti continuano a finire nelle mani dei più giovani. L’ ESRB – il sistema di rating – è gestito dalla stessa industria videoludica, mentre dovrebbe essere riformato e affidato a organizzazioni esterne. Concordo anche sull’ipotesi di vietare la vendita dei giochi violenti ai minori. L’istituzione dei prodotti con marchio M (Mature) non ha funzionato. Secondo le statistiche, un bambino di 9 anni è in grado di effettuare acquisti di questo genere nel 42% dei casi”, ha dichiarato David Walsh, presidente e fondatore di NIMF.
Il settore si sente accerchiato e non basta l’integrazione delle tecnologie di “parental control” sulle nuove console . La reazione della politica ai tentativi di autoregolamentazione dei produttori e dei distributori continua ad essere dura.
“La proposta Clinton-Lieberman non solo non è necessaria, ma incostituzionale. Se fosse approvata si creerebbe un conflitto con l’attuale legislazione statali. In questo modo le famiglie non sarebbero protette da nulla fino al pronunciamento della Corte Suprema”, ha dichiarato a Cnet Douglas Lowenstein, presidente della Entertainment Software Association ,
Va detto che ESRB già dispone di un sistema di rating complesso, che molti operatori ritengono del tutto funzionale, che si sviluppa su sette livelli. Proprio il National Institute on Media and the Family aveva peraltro collaborato alla loro elaborazione. Non stupisce, dunque, che certe malelingue di Washington vedano in questa proposta di legge un abile mossa della senatrice Clinton per guadagnare punti “conservatori” sul campo. Una veste troppo “liberal” potrebbe creare qualche problema per un’eventuale corsa alla Casa Bianca. Ecco pronto il “salva-famiglie”: se ne ricorderanno gli elettori?
Dario d’Elia