Avete mai sentito parlare di Reece Lewis? E di HyperVerse?
Ci sono storie che hanno due letture parallele. Oppure, come si dice da sempre, la storia si ripete prima come tragedia e poi come farsa. In questo caso i due aspetti sono arrivati a mescolarsi fino a confondersi, restituendo una melassa dalla quale non si sa come uscirne: se ridendo o piangendo. Per chi non ne è rimasto coinvolto, non resta che sorriderne per i contorni paradossali che il tutto ha avuto. Per chi ne è rimasto scottato, invece, non resta che leccarsi le ferite e capire come tutto ciò possa essere accaduto.
A tutti, nessuno escluso, non resta che fare ammenda per quella serie di circostanze che hanno permesso che una cosa così avvenisse nuovamente. Una storia di rivoluzioni e di criptovalute, di speranze e disillusioni, di personaggi noti e personaggi dal curriculum abbagliante. Abbagliante, appunto.
La farsa
HyperVerse è un nome che si è fatto notare a cavallo tra il 2021 ed il 2022 presentandosi come la grande novità del mondo delle criptovalute. Attenzione al periodo: erano i mesi della grande fibrillazione, nei quali il valore oscillava pericolosamente pur restituendo una continua eccitazione che sembrava voler portare ad un eterno rialzo la valuta ed il carico rivoluzionario di cui veniva caricata. HyperVerse si presentava come l’ennesima declinazione di quel mondo, tratteggiando l’idea di una sorta di metaverso non meglio definito sul quale si sarebbe costruito il futuro. Un universo lontano e ibrido, dipinto in un immaginario fantascientifico che porta l’Uomo lontano dalla Terra per approdare ad una dimensione nuova.
Una nazione alternativa, in un mondo parallelo e basato su una non-valuta. Con tanto di amministratore delegato a dare un volto a tutto ciò: Reece Lewis. Un nome da blue jeans, pettinatura da sogno americano, cravatta da uomo navigato di Wall Street, capello brizzolato, spalle basse. Il video approssimativo lasciava trasparire qualche dubbio sull’ufficio, ma la cosa poteva passare come un velo di sincerità disteso su una vetrina di gioielli che brillava come monetine con una “B” sopra.
E che curriculum, questo Lewis: “spent over a decade in the IT and Fintech industry“, impegnato tra “business management, project consultation, communications“. Come le bacheche LinkedIn di troppi iper-esperti, ma ancora di più. Un inizio in Goldman Sachs, un’azienda venduta ad Adobe per lanciare la propria carriera, quindi un’ulteriore prova di forza sui mercati emergenti, infine l’affascinazione per le nuove tecnologie. Un vincente sempre e comunque: nel 2016 un avventore della Blockchain, quindi l’assunzione dalla HyperTech Group grazie alle sue “strong performance“. Tutto ciò partendo dagli studi a Cambridge e alla Leeds University, vivendo un po’ nel Regno Unito, un po’ in Asia e infine a Dubai per farne la sua nuova base di lavoro.
Come non fidarsi di un uomo tutto d’un pezzo di tal caratura? E se ancora qualcuno avesse qualche dubbio, ecco gli endorsement che stroncano ogni resistenza ulteriore: chi non si fiderebbe di un CEO benedetto anche da Chuck Norris e Steve Wozniak? Ripeto: Chuck Norris e Steve Wozniak! Guadagnare è facile: una “membership”, guadagni puntuali dello 0,5% al giorno, rientri stellari (300% in 600 giorni). E per chi presenta un amico, guadagni crescenti: chi non condivide gode solo a metà.
Solo il tempo, con la sua maledetta saggezza ed i suoi incauti ritardi, potrebbe mettersi di mezzo e rovinare una favola tanto bella da far impallidire Margot Robbie in tacco 12 e vestitino rosa: il tempo, poco tempo, è bastato per far emergere qualche piccola crepa. Quali? Ad esempio il fatto che nessuno sa chi sia in realtà Reece Lewis. Che Goldman Sachs abbia verificato e non risulti alcuna collaborazione mai avvenuta. Anche Adobe non ha mai acquistato nulla da alcun Reece Lewis. Insomma: l’uomo più invidiato della Bitcoin Era, improvvisamente non trova più supporti: tutto d’un colpo non lo conosce più nessuno. Nessun collega, nessun partner, nessun amico su LinkedIn, nessun compagno di scuola, nessun vicino di casa. Il suo profilo Twitter nasce e muore con la velocità di un anticiclone delle Azzorre, ma son solo fulmini e saette: gli aggiornamenti presto sfumano, o si spostano in un metaverso dal quale la realtà è lontana.
Where reality ends and imagination begins…#Hyperverse, The Metaverse city pic.twitter.com/9LsTwRFLCb
— Steven Reece Lewis (@stevenr_lewis) December 14, 2021
I nuovi volti di HyperVerse diventano un “Chief Ambassador” (“Mr.H”) con una maschera robotica sotto una felpa da macchietta cyber-rivoluzionaria, e l’omologa al femminile “Miss.N” (che per stile e utilità potrebbe essere tranquillamente essere sostituita da Miss Keta – e se fosse davvero lei?).
C’è ancora un dettaglio da non dimenticare: a monte di tutto ci sono due imprenditori come Sam Lee e Ryan Xu, già protagonisti del tracollo dell’australiana Blockchain Global (precedentemente HyperCash e MediaChain, poi anche HyperFund), sfuggiti scivolosamente alla morsa delle authority di controllo e subito prontissimi a rilanciare il proprio spirito imprenditoriale in questa nuova grande sfida. Perché si sa: mica li puoi imbrigliare gli imprenditori che hanno la rivoluzione nel sangue.
Ma in tutto ciò: Chuck Norris e Steve Wozniak? Beh, nell’era della grande mercificazione ci sta che possano essere disponibili su una piattaforma online qualunque, tale per cui basta pagare qualcosa per far dire loro di tutto. Se tutti meritiamo 15 minuti di popolarità, qualsiasi brand merita un Chuck Norris a lanciarle l’hype. Il deep fake non era ancora di qualità, altrimenti HyperVerse avrebbe volentieri fatto a meno di questa spesa, ma la fattura era ormai emessa ed è stato un ottimo investimento. L’unico, forse: ci hanno guadagnato sia i testimonial, che l’azienda committente.
La tragedia
Hyperverse è una storia raccontata da The Guardian, che ne ha fatti ora emergere i dettagli e che complessivamente ha portato a perdite per 1,3 miliardi di dollari. Un mix di criptovalute, blockchain, testimonial, Marketing Multi-Livello, social network, benzina e TNT: non serviva nemmeno la scintilla per far deflagrare tutto, bastava un click.
Tutto è scomparso: la rivoluzione, il CEO, i soldi degli investitori, tutto. Tranne Walker Texas Ranger e il cofondatore della Apple: il mito rimane, anche se Chuck Norris e Steve Wozniak sbiadiscono un pochino sotto i colpi dei cameo.