Italia, la svolta per Uber

Italia, la svolta per Uber

Dopo le sentenze rallentavano le sue applicazioni, l'Autorità dei Trasporti italiana apre al servizio dell'azienda statunitense, nel nome della sharing economy. Con diversi limiti
Dopo le sentenze rallentavano le sue applicazioni, l'Autorità dei Trasporti italiana apre al servizio dell'azienda statunitense, nel nome della sharing economy. Con diversi limiti

L’Autorità italiana che vigila sui Trasporti ha proposto a Governo e Parlamento una serie di modifiche alla norma sui trasporti pubblici non di linea , descritte nella legge numero 21 del 1992, per regolamentare la posizione di Uber e dei suoi epigoni, così da non chiudere le porte dell’Italia alle nuove tecnologie impiegate nel settore del trasporto urbano.

Come spiega l’Autorità, sottolineando l’importanza della cosiddetta sharing economy, “La domanda di mobilità specie per le fasce di reddito basse e per i giovani si orienta verso sistemi basati sulla flessibilità e sulla condivisione di risorse”. Per questo occorre far emergere tali mercati e favorire l’incontro di domanda e offerta di servizi “in modo trasparente e nel rispetto delle regole applicabili all’attività economica d’impresa”.

Si tratterebbe di una svolta nel nostro paese per le app che offrono un servizio alternativo a quello dei taxi: appena la scorsa settimana , d’altra parte, il Tribunale di Milano aveva accolto il ricorso dell’associazione dei tassisti e stabilito il blocco dell’app Uber Pop cui veniva contestata la concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c..
Lo scontro tra Uber e i tassisti si era infiammato in Italia già nel maggio del 2014 , quando Milano è diventata palcoscenico di scioperi ed accese proteste perché in un mercato monopolistico e fortemente regolamentato da costose licenze e dettagliate regolamentazioni come quello dei taxi, l’arrivo del servizio di car sharing con cui i passeggeri si possono accordare via app ha creato un vero e proprio tsunami.

Per questo il tribunale aveva disposto il blocco sul territorio nazionale del servizio dell’app denominata “uber POP e comunque la prestazione di un servizio – comunque denominato e con qualsiasi mezzo promosso e diffuso – che organizzi, diffonda e promuova da parte di soggetti privi di autorizzazione amministrativa e/o di licenza un trasporto terzi dietro corrispettivo su richiesta del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta”. Per quanto tale decisione si occupasse solo della versione dell’app che offre un servizio di car sharing tout court, con gli utenti che possono offrire passaggi ad altri utenti tramite di essa, e non della versione base dell’app Uber che prevede un servizio di autisti al suo servizio per offrire passaggi agli utilizzatori, tale sentenza ha permesso ai tassisti di segnale il primo punto a loro favore.

D’altra parte la startup americana doveva vedersela anche su altri fronti ed in particolare con il Movimento dei Consumatori che aveva chiesto l’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e con la Regione Lombardia che sembrava allo studio di una legge ad hoc per razionalizzare l’utilizzo delle nuove tecnologie “al fine di agevolare l’incontro tra domanda e offerta di servizi di trasporto pubblico locale non di linea”. Dalla parte di Uber, in un primo momento, si era schierata solo Codacons, secondo cui il blocco del servizio costituirebbe un “danno enorme per gli utenti, perché limita la concorrenza e riduce le possibilità di scelta per i cittadini”.

L’ intervento dell’Autorità dei Trasporti rappresenta dunque aria fresca per l’app, anche se arriva con diverse limitazioni che se accettate dal Parlamento permetterebbero alle auto di UberPop di tornare in pista.
Anche per questo Benedetta Arese Lucini di Uber ha accolto con soddisfazione la segnalazione dell’Autorità dei Trasporti.

Innanzitutto nell’intervento si distingue tra i mezzi che favoriscono la cosiddetta sharing economy come le app che permettono la condivisione di un mezzo privato che si stava già recando in una determinata direzione con l’esclusiva divisione dei costi di trasporto, e l’attività di piattaforme che permettono a privati cittadini di guadagnare sfruttando la loro automobile, come appunto UberPop.

È proprio nei confronti di questo secondo caso che l’authority suggerisce l’inquadramento di figure professionali che non superino le 15 ore di guida settimanali, che stipulino un’assicurazione aggiuntiva e siano riconosciuti all’interno di un registro apposito delle Regioni. Tutte idee già condivise anche da Lucini.

Per quanto riguarda poi la regolamentazione delle NCC, il noleggio con conducente cui è equiparato Uber e la sua schiera di autisti, l’intervento dell’autorità propone l’ eliminazione dell’obbligo di rientro in rimessa dopo ogni servizio, principale distinzione tra tale categoria e quella dei tassisti.

A favore di questi ultimi, infine, l’Autorità per i trasporti propone l’introduzione di diversi sconti e la possibilità di costitursi come impresa, cumulando più licenze in modo da cercare di assicurare l’equità di trattamento.

Claudio Tamburrino

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
5 giu 2015
Link copiato negli appunti