IVA e beni digitali, Italia risoluta a metà

IVA e beni digitali, Italia risoluta a metà

Mentre entra in vigore la direttiva che lega le tasse sui beni digitali al paese dell'acquirente, il Ministro Franceschini preme ancora per diminuire quelle sugli ebook, in barba allo scontento delle autorità europee
Mentre entra in vigore la direttiva che lega le tasse sui beni digitali al paese dell'acquirente, il Ministro Franceschini preme ancora per diminuire quelle sugli ebook, in barba allo scontento delle autorità europee

Il Ministro Franceschini è tornato ad affrontare la questione dell’Iva sugli ebook, affermando che non si fermerà davanti ai primi no delle istituzioni europee.


Dopo l’approvazione delle normative con cui il governo italiano vorrebbe equiparare l’aliquota fiscale degli ebook a quella dei libri cartacei, Bruxelles si era fatta sentire minacciando sanzioni. Tuttavia Roma sembra assolutamente intenzionata ad andare avanti per la propria strada ed il Ministro dei Beni culturali ha riferito in Parlamento che l’azione comporterà presumibilmente “una procedura d’infrazione davanti all’Unione Europa”, ma che sarebbe “davvero difficile spiegare le ragioni per cui ci si ostina a livello di Unione europea a non capire che un libro è un libro”.

Franceschini ed il Governo Renzi, insomma, sembrano pronti al braccio di ferro con Bruxelles per cercare di affrontare la complessa questione: da un lato, infatti, c’è la mera libertà di tassazione, dall’altra la competizione a livello fiscale tra i paesi e l’interpretazione dei nuovi mezzi e la loro equiparazione a fattispecie analogiche. Nel mezzo, la definizione di ebook come libro, affatto scontata: non bisogna dimenticare che spesso online gli editori vendono le edizioni digitali cariche di limitazioni di uso e con veri e propri contratti di licenza, più che di vendita.

L’intervento italiano si intreccia con l’entrata in vigore, prevista per il prossimo primo gennaio 2015, delle nuove regole per la tassazione IVA sui servizi elettronici prevista dalla direttiva 2008/8/CE: esse ribaltano l’attuale impostazione e nel caso in cui il prestatore di servizio è un soggetto passivo stabilito in un altro Stato dell’Unione, non verrà applicata la tassazione dello stato da cui parte la vendita, ma l’aliquota del Paese dell’acquirente.

La logica è che l’IVA è una tassa sui consumi e per questo è dovuta nello Stato in cui il servizio è fruito: questo probabilmente comporterà un aumento dei prezzi di tutti quei beni digitali, dalle app agli ebook, su cui finora vi era una tassazione minore dal momento che i loro fornitori hanno sede in paesi come Lussemburgo ed Irlanda. In attesa che l’Europa riesca ad intervenire anche nei confronti di questi Stati che sfruttano il loro sistema di tassazione per entrare in competizione con gli altri membri dell’Unione Europea attirando i capitali delle multinazionali che operano online, insomma, il decreto interviene sul paese di origine ribaltando l’attuale sistema fiscale e disinnescando di fatto questa competizione all’ultima tassa.

La normativa europea, però, deve ancora essere recepita nell’ordinamento italiano con un decreto legislativo ad hoc del ministero delle Finanze: se esso non dovesse arrivare in tempo l’Italia rischierebbe altre sanzioni da parte di Bruxelles.
Inoltre, in assenza di disposizioni a riguardo, nel caso in cui l’acquirente-consumatore sia un cittadino che non risiede nell’UE, sarà esentato dal pagamento dell’imposta, almeno finché non sarà pubblicata in gazzetta ufficiale una norma specifiche che regoli questi casi.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 11 dic 2014
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