La crescita del Web 2.0? In parte è gonfiata da spyware

La crescita del Web 2.0? In parte è gonfiata da spyware

Tutti dietro alla chimera dei quasi due miliardi di dollari sborsati da Google per YouTube: le statistiche di accesso dei siti devono crescere ad ogni costo. Anche gonfiando le visite con spyware e pop-up pubblicitari forzati
Tutti dietro alla chimera dei quasi due miliardi di dollari sborsati da Google per YouTube: le statistiche di accesso dei siti devono crescere ad ogni costo. Anche gonfiando le visite con spyware e pop-up pubblicitari forzati

E se una parte del Web 2.0 fosse in larga misura una bolla speculativa ancora peggiore di quella degli anni trascorsi ? E se GoogleTube , il colosso dei video on-line costato a Mountain View la bellezza di 1,775 miliardi di dollari avesse innescato una reazione a catena nella voglia di spingere in alto le quotazioni degli operatori di settore, anche al di là del reale valore di una dotcom specializzata? I contenuti degli utenti potrebbero “pesare” molto meno di quanto si va dicendo, e le stime essere gonfiate da spyware, traffico forzatamente indotto e valutazioni un po’ troppo frettolose sulla crescita degli accessi.

Affronta la problematica questione un interessante approfondimento di Benjamin Edelman , assistente professore alla Harvard Business School che studia lo spyware e le sue conseguenze su utenti e mercato. Secondo Edelman, siti come Bolt.com , GrindTV e Broadcaster.com avrebbero di virale soltanto certi software spioni che, aprendo pop-up pubblicitari diretti proprio verso i suddetti portali, gonfierebbero spropositatamente le loro statistiche di accesso .

Il traffico generato dallo spyware, sostiene il professore, è economico e di sicuro effetto: “Le stime di traffico danno erroneamente per scontato che gli utenti arrivati ad un sito volessero in effetti farlo – scrive Edelman – senza considerare la possibilità che tale visita possa essere stata involontaria. Pur tuttavia, dal punto di vista del sito, le visite forzate offrono benefici reali: i finanziatori saranno spinti a pagare di più per acquistare un sito che sembra più popolare, e i pubblicitari potrebbero essere spinti a pagare di più per far comparire i propri banner” in loco .

E in alcuni settori, come il già citato circuito dei portali di distribuzione degli audiovisivi prodotti dagli utenti, una più alta stima di traffico potrebbe altresì spingere gli utenti in totale buona fede a prendere il considerazione il sito per postare i propri video.

A rimetterci, in uno scenario del genere, sono comunque tutti: gli utenti, vittime delle vulnerabilità alla privacy, alla sicurezza e alle performance del proprio PC causate dal software spione; i pubblicitari, i cui ad vengono infilati in quello spyware che, almeno a parole, essi vorrebbero evitare; infine i finanziatori, che pagano tanto per qualcosa che vale molto meno. Sulla scia di un precedente articolo del New York Times sull’argomento, Edelman va a corroborare la sua tesi con esempi pratici di queste visite forzate e autoindotte dal malware presente sul sistema.

Riportando le analisi dei log delle varie connessioni, il professore svela i collegamenti nascosti tra l’industria dello spyware, il mondo dell’advertising online e la natura bizzarramente esplosiva delle stime di crescita delle popolarità dei video portal. La pagina di informazioni di Bolt.com include una dichiarazione che stima di “aver raggiunto 14,9 milioni di visitatori unici al mese”. Edelman si domanda a questo punto “quanti dei visitatori di Bolt siano stati forzati a visitare il sito a causa dello spyware che li ha portati lì”.

Ad aggiungere ulteriore carne al fuoco della polemica sulla consistenza dei numeri del network next-gen arriva il celebre weblog kottke.org , che mette in discussione la crescita degli utenti reali che usano il sempre dibattuto Twitter . La crescita dei messaggi scambiati sul network, che Waxy.org definiva esplosiva con tanto di grafici e tabelle esemplificative, sarebbe in larga parte sbagliata, basata su una erronea analisi dei database .

L’accusa ha avuto anche una risposta ufficiale da parte di Twitter nella persona di Biz Stone: Stone definisce comunque “furioso” l’aumento della popolazione che twitta tutto tempo in confronto alla crescita di altri fenomeni della rete come i blog, ma assicura comunque che verranno nei prossimi giorni fatte ulteriori elaborazioni sui dati per dare con maggior esattezza il quadro complessivo delle stime reali.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
10 mag 2007
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