Laptop per i poveri? Andrà male

Laptop per i poveri? Andrà male

La scomunica del progetto di Negroponte arriva dal CEO di una organizzazione che lavora per sostenere lo sviluppo informatico dei paesi più arretrati: il progetto - dice - è fallato
La scomunica del progetto di Negroponte arriva dal CEO di una organizzazione che lavora per sostenere lo sviluppo informatico dei paesi più arretrati: il progetto - dice - è fallato

New York (USA) – Nuova pesante scomunica quella piovuta sul progetto One Laptop per Child di Nicholas Negroponte: dopo le clamorose dichiarazioni di esperti della sicurezza è infatti intervenuto sulla questione anche Tony Roberts, CEO di Computer Aid International considerato un guru nel suo campo.

Secondo Roberts, che ha rilasciato una intervista a Zdnet UK, “il motivo per cui questa cosa non avrà successo è una errata interpretazione della storia della tecnologia. Stanno cercando di introdurre una piattaforma che non è standard e non è testata e che venderanno solo ai governi. La decisione di acquistare sarà fatta da politici eletti ogni cinque anni, ed in genere i politici non mettono a rischio il loro futuro politico investendo in tecnologie non standard”.

Le osservazioni di Roberts arrivano proprio mentre il progetto, qui il sito ufficiale, sta conoscendo il momento di massimo sviluppo: è recentissima la presentazione ufficiale dei prototipi dei portatili che si vogliono diffondere nei paesi poveri, laptop che costeranno ai paesi che decideranno di “distribuirli” alla popolazione, l’equivalente di circa 140 dollari a pezzo .

L’iniziativa di Negroponte, spalleggiato dal “suo” MIT e capace di suscitare interesse in tutto il mondo, secondo Roberts (che pure ne auspica il successo) sta persino distraendo le Nazioni Unite da progetti più rilevanti.

Il boss di Computer Aid, affermato esperto proprio delle modalità di diffusione della tecnologia nei paesi meno sviluppati, critica anche la natura centralistica del progetto che a suo dire mal si sposa con le realtà sociali dei paesi che si vorrebbero “aiutare”.

La stessa Computer Aid, che ha diffuso fin qui circa 70mila computer in vari paesi grazie anche ad una sistematica operazione di riutilizzo e riciclaggio di dispositivi obsoleti nei paesi più avanzati, sfrutta una rete di rapporti con organizzazioni locali che si occupano di affidare i dispositivi a scuole, università ed altri soggetti.

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Pubblicato il 23 giu 2006
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