Laptop perquisiti, governo alla sbarra

Laptop perquisiti, governo alla sbarra

Le associazioni a sostegno delle libertà digitali ingranano la marcia e passano al contrattacco, denunciando il governo federale degli Stati Uniti per le perquisizioni e i sequestri immotivati sui dispositivi digitali alle frontiere
Le associazioni a sostegno delle libertà digitali ingranano la marcia e passano al contrattacco, denunciando il governo federale degli Stati Uniti per le perquisizioni e i sequestri immotivati sui dispositivi digitali alle frontiere

Nuova, importante svolta nella campagna delle associazioni USA pro-diritti digitali contro il tecnocontrollo e la tecnofobia delle perquisizioni indiscriminate alle frontiere: American Civil Liberties Union (ACLU) e National Association of Criminal Defense Lawyers hanno citato in giudizio l’amministrazione Obama sostenendo l’incostituzionalità della ben nota pratica di mettere sotto torchio i possessori di laptop, smartphone e MID di ritorno da un viaggio all’estero.

La causa – avviata in una Corte Distrettuale della città di New York – sostiene in particolare che le perquisizioni indiscriminate e senza mandato violino due emendamenti della Costituzione statunitense: il Quarto Emendamento contro le perquisizioni e le confische senza giusta causa (condotta su dispositivi ripieni di informazioni riservate e personali) e il Primo Emendamento che protegge la libertà di parola (quando ad esempio le perquisizioni avvengono su portatili di studiosi o giornalisti in possesso di materiale confidenziale in formato digitale).

La denuncia in tribunale arriva a seguito di un lungo percorso di denunce e attivismo da parte di ACLU, NACDL e altre associazioni contro i controlli e i sequestri alle frontiere, un percorso fatto di ricerca di volontari desiderosi di testimoniare la propria sfortunata esperienza in prima persona e di importanti concessioni da parte della giustizia USA contro la prepotenza dei funzionari governativi preposti ai controlli.

Ora siamo arrivati a quella che appare come la fase finale dello scontro, dove ACLU e gli altri passano al contrattacco legale per conto di individui come il ventiseienne Pascal Abidor, ricercatore ventiseienne con doppia nazionalità franco-statunitense a cui hanno sequestrato il laptop per 11 giorni. In viaggio da Montreal a New York via treno, Abidor è stato bloccato dagli ufficiali del Customs and Border Protection che gli hanno chiesto spiegazioni sulle foto delle adunate di militanti islamici ritrovate sul suo computer.

A nulla è valsa la spiegazione del ragazzo e la “giustificazione” della presenza di quelle foto come parte integrante del suo lavoro di ricerca, Abidor è stato ammanettato e trattenuto in cella per svariate ore prima del rilascio e ha potuto verificare, una volta restituitogli il PC dopo 11 giorni, l’avvenuta perquisizione tra le sue foto personali, il log della chat con la sua ragazza, la corrispondenza email e altro ancora.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
8 set 2010
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