Roma – C’è sempre più movimento nell’industria della musica e del cinema alle prese con l’era digitale: nei giorni scorsi rappresentanti di alcuni dei maggiori colossi del settore hanno nuovamente parlato di Google e di Amazon come partner preferenziali . Il loro scopo è ovvio: distribuire il maggior numero di contenuti possibile ad utenti paganti e in modalità protetta, cioè anticopia e antiP2P .
L’occasione è stata quella dei Grammy quando, come riferisce il Financial Times , “due delle quattro maggiori socetà musicali del mondo” hanno dichiarato di aspettarsi novità da Google , ma anche da Amazon, proprio nel settore della distribuzione dei contenuti. Dopo aver recentemente negato di voler acquistare Napster, Google ne ha approfittato per ribadire che al momento non esistono progetti per la musica, un fatto a cui non sembrano credere proprio coloro che vorrebbero diventare loro partner.
Scopo dichiarato dell’industria è non solo aumentare l’offerta ma soprattutto diversificarla ed uscire dal “tunnel” di Apple iTunes Music Store , che insiste a proporre uno schema tariffario fisso che mal si sposa con i desideri delle major di aumentare i profitti , magari facendo pagare di più le “ultime hit”, e offrendo qualche sconticino sulla musica più “vetusta”. Steve Jobs, patron di Apple, sull’argomento si è fin qui espresso laconicamente (“le major non siano ingorde”) senza dar segno di voler cambiare il proprio tariffario, scelta peraltro comprensibile visto l’enorme successo del suo Music Store, che da solo controlla il 70 per cento delle vendite online globali nel settore.
I manager delle grandi sorelle sono comunque al lavoro e alternano gli attacchi legali contro il P2P e i suoi utenti alla messa in campo di nuove strategie espansionistiche : la crescita vertiginosa degli acquisti di musica online è sì trascinata dalla suonerie ma indica le potenzialità di un mercato che potrebbe un giorno compensare almeno in parte il ridimensionamento che anno dopo anno vanno subendo le vendite di supporti tradizionali, CD in testa.
A muoversi naturalmente sono anche i produttori e distributori di film perché, nonostante i dignitosi dati di vendita dei DVD, la banda larga sempre più diffusa e alleati come BitTorrent promettono l’allargarsi rapido di un mercato potenzialmente ricchissimo. Amazon, che non può seriamente affidare il proprio futuro alle vendite di DVD sul proprio negozio web, sta sedendosi a tavola con tutti i maggiori player del cinema e per i più è solo questione di tempo prima del lancio in grande stile di un distributore cinematografico online. Da dirimere, come sempre, i soliti problemi DRM, ossia individuare le tecnologie di Digital Rights Management più utili a preservare il controllo che i grandi produttori vogliono avere sulle proprie opere trasmesse in formato digitale.
A dimostrare che l’intero settore dell’audio-visivo è in fermento arriva anche il clamoroso accordo firmato da Universal Music Group con Myspace.com , una delle piattaforme di community web più gettonate di questi mesi: scopo dell’intesa è consentire agli utenti del portalone americano non solo di scambiarsi consigli e suggerimenti sulla musica in circolazione, ma anche di acquistare per sé e per i propri “amici di rete” l’accesso a contenuti specifici, come i video musicali. Universal ne ha da piazzare a bizzeffe, tra U2, Eminem ed altri nomi notissimi della scena musicale internazionale, e non è un caso che abbia già stretto accordi simili con Yahoo, AOL e MSN.
La stessa Universal ha firmato con O2 un ulteriore accordo di distribuzione proprio ieri, che prevede un catalogo di 100mila brani che gli utenti dei servizi associati a O2 potranno ascoltare, di cui potranno vedere i video o scaricare le suonerie. La sfida ora è trasformare tutto questo in un fatturato sufficiente ad essere notato anche dagli azionisti più distratti.