L'insostenibile riservatezza di un'email

L'insostenibile riservatezza di un'email

di Andrea Lisi (Studiodl.it) - Il caso delle email di poeta defunto alle quali non possono accedere i suoi eredi riaccende il dibattito sull'inviolabilità della posta elettronica personale
di Andrea Lisi (Studiodl.it) - Il caso delle email di poeta defunto alle quali non possono accedere i suoi eredi riaccende il dibattito sull'inviolabilità della posta elettronica personale

Negli Stati Uniti pochi mesi fa la figlia di un poeta (tal William Talcott) non ha potuto accedere alla casella di posta elettronica del padre, dopo la sua morte, poiché lo stesso non aveva reso note a nessuno le sue credenziali di autenticazione. La legittima erede ha chiesto l’accesso alla casella di posta elettronica del de cuius al provider -Yahoo- il quale si è rifiutato di consegnare la password per motivi di privacy! La disputa ha dato vita ad un contenzioso tra il provider Yahoo e la figlia del poeta americano-irlandese. Il Giudice americano ha risolto il conflitto rigettando in toto la richiesta dell’erede.

La riservatezza dei messaggi email costituisce uno degli argomenti più dibattuti nel diritto delle nuove tecnologie e la discussione si è nuovamente animata anche in Italia proprio in seguito a questo caso giudiziario: da una parte coloro che difendono la riservatezza ad oltranza hanno applaudito la decisione di Yahoo e dall’altra molti giuristi hanno ritenuto che in casi analoghi dovrebbe ritenersi prevalente il diritto successorio.

Proviamo a rispondere dunque a questo delicato quesito: cosa potrebbe accadere in Italia in un caso simile? La questione è complessa e di non facile soluzione.

È opportuno premettere che ad oggi la nostra legislazione non consente di dare una risposta certa e definitiva, infatti il diritto delle nuove tecnologie è in continuo divenire e, poggiando le sue basi su una normativa recente e non ancora completa e su pochissimi casi giurisprudenziali, non si può che procedere con cautela, analizzando le varie questioni culturali e, quindi, giuridiche che un caso del genere fa emergere.

In questa vicenda vi sono, infatti, più interessi in gioco da analizzare: il diritto alla privacy del poeta e di tutti coloro che erano in contatto con lui, il diritto successorio in capo agli eredi ed eventualmente un interesse della comunità a conoscere gli scritti del poeta.

È chiaro che fino a quando i dati personali da tutelare contenuti nella casella di posta elettronica riguardano esclusivamente quelli del soggetto deceduto, si potrebbe considerare prevalente l’interesse degli eredi. Le e-mail potrebbero contenere, infatti, anche opere inedite dell’autore, come tali economicamente rilevanti e dunque idonee ad assumere consistenza nel patrimonio del de cuius .

Altro problema, invece, è verificare se i dati personali (magari anche sensibili e, quindi, meritevoli di particolare tutela) contenuti nella casella di posta elettronica appartengono ad altri soggetti che hanno intrattenuto rapporti di comunicazione con il de cuius . Il Garante italiano per la protezione dei dati personali (nella persona di Mauro Paissan) ha sottolineato a tal proposito la necessità di tutelare i dati personali degli interlocutori del poeta sostenendo che non si può consegnare a nessuno, nemmeno agli eredi una casella di posta elettronica perché può contenere dati personali non soltanto del defunto, ma di tutti i suoi interlocutori. L’accesso va proibito nel modo più assoluto…. Una casella e-mail contiene una corrispondenza intima che deve restare segreta ; equiparando sostanzialmente la violazione di una mail alla violazione della corrispondenza, secondo quanto previsto dall’art. 15 della nostra Costituzione. Tale interpretazione troverebbe conforto anche nell’art. 616 del nostro codice penale, il quale parifica la comunicazione telematica alla comunicazione cartacea. Pur condividendo la necessità di avere particolare rispetto dei dati personali di ogni individuo, non si ritiene, in verità, che si possa essere così categorici nell’attribuire ad un messaggio di posta elettronica un valore di documento riservato e assolutamente inviolabile, tale da non poter rientrare nei beni ereditari; bisognerebbe piuttosto interrogarsi sul valore da dare alle email, in relazione al caso e al contesto in cui la stessa è esaminata.

È opportuno, infatti, rilevare che in Italia vi sono stati casi giurisprudenziali molto diversi da quello americano, nei quali alle comunicazioni via posta elettronica non è stato conferito un valore di corrispondenza intima e come tale segreta e inviolabile.

In particolare, è accaduto che alcuni account aziendali di posta elettronica di dipendenti di un’impresa siano stati sottoposti al controllo del datore di lavoro e che tali comportamenti siano stati considerati dal giudice assolutamente legittimi.

Con un’ordinanza del 10 maggio 2002 il Tribunale di Milano ha, ad esempio, ritenuto legittimo il controllo da parte del datore di lavoro delle email di un suo dipendente, poiché la casella di posta elettronica aziendale può essere considerata uno strumento di lavoro e come tale sottoposta alla verifica del datore di lavoro. Il giudice ha, infatti, sostenuto che la personalità dell’indirizzo non significa necessariamente privatezza del medesimo dal momento che, salve le ipotesi in cui la qualifica del lavoratore lo consenta o addirittura lo imponga in considerazione dell’impossibilità o del divieto di compiere qualsiasi tipo di controllo/intromissione da parte di altri lavoratori che rivestano funzioni o qualifiche sovraordinate, l’indirizzo aziendale, proprio perché tale, può essere nella disponibilità di accesso e lettura da parte di persone diverse dall’utilizzatore consuetudinario a prescindere dalla identità o diversità di qualifica o funzione”.

Il provvedimento prevede la deroga ai principi di libertà e segretezza della corrispondenza rispetto ad un account di posta elettronica aziendale, perché l’accesso da parte dei terzi alla casella di posta elettronica in uso al lavoratore, sebbene protetta da codici identificativi, non costituisce di per sé violazione della sfera privata del lavoratore, non essendo in tal caso il suo utilizzo configurabile quale diritto esclusivo e privato.

Il controllo delle e-mail del lavoratore da parte del suo datore di lavoro, è riconducibile così ad un bilanciamento degli interessi e, quindi, ad “esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro”, secondo quanto disposto dallo stesso art. 4 dello Statuto dei Lavoratori1 (richiamato anche dall’art. 114 del Codice Privacy).

Èdifficile stabilire, quindi, cosa un Giudice italiano potrebbe decidere in un ipotetico caso Talcott, in mancanza di una disposizione precisa sulla riservatezza delle email (ammesso che se ne senta veramente la necessità) e in mancanza di altre più specifiche pronunce; certamente si può riferire che, come nel caso dell’email del lavoratore in un’impresa, sarebbe necessario un attento bilanciamento degli interessi da tutelare. In determinati casi, il Giudice italiano potrebbe così ritenere prevalente il diritto degli eredi, sia perché le email potrebbero contenere opere inedite di un certo valore patrimoniale (come nel caso di un poeta che abbia raggiunto una certa notorietà già in vita), sia perché non si può escludere che le email possano accogliere al loro interno delle vere e proprie ultime volontà telematiche del de cuius Rimane anche da chiedersi se non sia addirittura ravvisabile un generico diritto della collettività a conoscere eventuali inediti del poeta contenuti nelle sue email. È certo che, da quanto riferito, si evince oggi l’utilità di una regolamentazione di tali nuove problematiche all’interno di contratti o anche negli stessi testamenti. È indubbio, infatti, che eviterebbero l’insorgere di tali delicati problemi interpretativi specifiche clausole contrattuali che regolino i rapporti tra gestore dei servizi di posta elettronica e gli utilizzatori del servizio. Così come in un testamento si potrebbe anche stabilire di rendere note alcune delle notizie contenute nelle email, ma decidere di mantenerne riservate altre (magari rendendole illeggibili attraverso tecniche crittografiche).

Ciò, però, che lascia perplessi, rispetto a quanto stabilito per il caso Talcott dal Giudice americano, è sicuramente la rigidità con cui lo stesso Giudice si è espresso.

Parte, infatti, della giurisprudenza americana ha in passato paragonato l’email ad una cartolina, ad un documento che viaggia nella rete – senza per così dire essere imbustato e chiuso con la ceralacca – facilmente aggredibile e non protetto da sistemi che rendano segrete le informazioni in esso contenute.

Oggi, invece, il Giudice americano – trovando un inaspettato sostegno nelle affermazioni del Garante privacy italiano – ha voluto riconoscere un valore riservato all’email e un’assoluta inviolabilità della semplice password. Password che, in verità, un qualsiasi pirata informatico, navigando in rete, può facilmente aggredire con un software “scovapassword”!

Vogliamo lasciare agli eredi il compito di utilizzare questi metodi poco ortodossi e meno giuridici per avere la possibilità di ricordare i loro cari nella Società dell’Informazione?

Andrea Lisi

Nota
Questo articolo, completo di note di approfondimento, è pubblicato su www.scintlex.it .

Nota
L’avv. Andrea Lisi è tra le altre cose titolare dello STUDIO ASSOCIATO D.&L. -Development&Law ed è fondatore del Centro Studi&Ricerche Scint .

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
30 gen 2007
Link copiato negli appunti