Microsoft, si all'accesso USA ai server irlandesi

Microsoft, si all'accesso USA ai server irlandesi

La nuova legge statunitense risolve un conflitto legale che si trascinava da anni: ora le autorità americane avranno tutto l'accesso che vogliono ai dati presenti sui server stranieri. Ammesso che siano autorizzate dal giudice
La nuova legge statunitense risolve un conflitto legale che si trascinava da anni: ora le autorità americane avranno tutto l'accesso che vogliono ai dati presenti sui server stranieri. Ammesso che siano autorizzate dal giudice

La Corte Suprema statunitense ha messo fine alla battaglia legale tra il Dipartimento di Giustizia (DoJ) e Microsoft sull’accesso ai dati archiviati sui server stranieri, una contesa avviata nell’oramai lontano 2013 e che è stata ufficialmente conclusa grazie a un nuovo intervento legislativo del Congresso di Washington.

Il caso in oggetto riguarda i server Outlook presenti in Irlanda, e la richiesta del DoJ di accedere alle informazioni di un account ivi presente in merito a un’indagine per fatti di droga. Microsoft si era fin qui impuntata respingendo le richieste delle autorità americane, chiedendo inoltre un rinnovo della legislazione in materia.

L’ultima tappa della causa coinvolgeva direttamente la Corte Suprema con un giudizio che avrebbe prevedibilmente concluso la vicenda, ma alla fine l’Alta Corte statunitense non ha dovuto far altro che dichiarare defunto il caso grazie alla legge nota come Clarifying Lawful Overseas Use of Data Act (CLOUD Act).

Approvato dal Congresso il 22 marzo scorso, il CLOUD Act impone la collaborazione delle aziende alla richiesta di accesso alle informazioni degli utenti – indipendentemente dalla presenza dei dati su server ospitati fuori o dentro i confini statunitensi. Dopo l’approvazione del CLOUD Act, ha stabilito la Corte Suprema , non esiste più alcuna disputa tra le parti in oggetto.

La nuova legge sull’accesso “cloud” sempre garantito a Washington era stata in effetti supportata in via ufficiale dalle corporation di rete, colossi del calibro di Google, Facebook, Apple e Microsoft stessa che avevano salutato l’iniziativa come un “progresso” nella protezione dei diritti dei consumatori e contro i conflitti legali tra settore privato e autorità pubbliche.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 23 apr 2018
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