Roma – ” Microsoft gode di un tale potere nel mercato dei sistemi operativi che se volesse esercitarlo soltanto in termini di prezzo potrebbe far salire i prezzi di Windows molto al di sopra di quanto sarebbe reso possibile in un mercato competitivo. In più, potrebbe farlo per un lungo periodo di tempo senza perdere quote di mercato significative. In altre parole Microsoft ha un potere monopolistico sul mercato”.
Con queste parole il giudice Thomas Penfield Jackson ha vibrato contro Microsoft il colpo più duro mai arrivato sull’azienda di Redmond dall’inizio della sua storia. La sua non è una sentenza definitiva nel processo antitrust contro Microsoft ma un orientamento destinato a pesare in modo sostanziale sul procedimento la cui conclusione è prevista per il prossimo febbraio.
Si chiama “Findings of Fact” la sentenza preliminare resa pubblica venerdì scorso da Jackson che ha atteso la chiusura dei mercati borsistici americani per non creare turbative con la sua “bomba”. Sono 207 pagine redatte pare addirittura a mano e attese da un paio di settimane. 207 pagine che accusano Microsoft con una durezza che non tutti si aspettavano sebbene la maggioranza degli analisti di spicco non solo negli States aveva previsto che questa sarebbe stata la direzione intrapresa da Jackson. Pagine nelle quali si parla di “danno verso i consumatori”, per prezzi e mancato sviluppo tecnologico, e danni “alle aziende” che Microsoft “ha voluto schiacciare sfruttando la posizione di dominio di Windows”.
La reazione di Microsoft alle accuse è fino a questo momento piuttosto dura. L’azienda afferma infatti di voler reagire ai Finding of Facts, ribadisce che la propria posizione sul mercato è del tutto legale, rivendica il suo diritto ad innovare i propri software ed evidenzia che il mercato in cui si muove è estremamente competitivo. Bill Gates ha sottolineato: “continuo a credere nell’integrità di Microsoft e non ho intenzione di bloccare il suo processo di rinnovamento tecnologico in cui ho piena fiducia”.
Gli ha fatto eco Umberto Paolucci, vicepresidente dell’azienda, secondo cui: “nella sentenza del giudice Jackson ci sono molte cose che non ci piacciono e che riteniamo distanti dalla realtà, ma ci vengono rivolti anche alcuni importanti riconoscimenti. Mettendo a disposizione Explorer abbiamo contribuito a tenere aperto il mercato, Netscape ha dovuto mantenere la gratuità del suo browser a tutto vantaggio del consumatore e dello sviluppo della rete”.
Inutile dire, e si possono leggere a proposito gli articoli linkati nella rassegna stampa che Punto Informatico mette a disposizione oggi sull’argomento, che hanno brindato alla vittoria tutti i leader industriali che da anni si battono contro Microsoft. Una vittoria decisamente importante per chi da anni accusa Windows e Microsoft di monopolio ma una vittoria per il momento parziale: se l’azienda andrà in appello e arriverà poi alla Corte Suprema ci si potrebbe trovare a parlare di sentenza definitiva probabilmente non prima della fine del 2001.
A rivelarsi più soddisfatta tra tutti è stata l’agguerrita Janet Reno, procuratore generale degli Stati Uniti d’America, che subito dopo la sentenza ha affermato: “oggi è un grande giorno per i consumatori americani”. Proprio sulla tutela dei consumatori, infatti, il Dipartimento della Giustizia ha giocato molte delle sue carte contro Microsoft, asserendo che le sue pratiche commerciali oltre a impedire certo sviluppo tecnologico avrebbero danneggiato proprio i consumatori. Una tesi che Jackson ha dimostrato di condividere appieno allo stato delle cose.
Ma festeggia anche Jim Barksdale, fondatore di Netscape, che ha dichiarato “mi sento molto meglio”. Brindisi sembra siano ancora in corso a casa di Scott McNealy, boss di Sun Microsystems e punta di attacco, insieme a Larry Ellison di Oracle, di quella parte dell’industria informatica che vuole staccare la spina a Microsoft.
Cosa accadrà a Microsoft? Questa la prima domanda che gli analisti di tutto il mondo si sono posti in queste ore. Nelle scorse settimane, in previsione di quanto Jackson ha poi scritto, c’era chi aveva parlato di un possibile smembramento dell’azienda. Una posizione comprensibile visto il patteggiamento che nel 1982 portò alla chiusura del processo antitrust contro il colosso AT&T che accettò di dare vita ad una serie di compagnie di telefonia locale indipendenti e concorrenti, di fatto cedendo una parte consistente delle proprie attività.
Proprio di patteggiamento parlano in molti interpretando alcune dichiarazioni dei legali di Gates e dallo stesso boss Microsoft nelle ore successive alla sentenza. Gates ha infatti affermato: “fin dall’inizio abbiamo cercato di risolvere il caso. Sarebbe buona cosa se lo chiudessimo, non desideriamo nulla di meglio”. Ma poco dopo ha anche ricordato: “Dobbiamo mantenere i nostri principi. E ‘ importante comprendere che questa sentenza preliminare rappresenta soltanto un passo in un procedimento legale in corso che ha molti altri passi da compiere. In ogni caso va assolutamente preservata e incoraggiata la nostra capacità di fare innovazione”.
Secondo alcuni il patteggiamento è da escludere perché la posizione di Jackson lascia pochi spazi a Microsoft. Pare più probabile un procedimento di appello che potrebbe trascinarsi per molto tempo. Sono molti gli analisti che ritengono molto probabile una conclusione di tutta la vicenda soltanto di fronte alla Corte Suprema. Microsoft potrebbe infatti chiedere al massimo tribunale americano di considerare le parole di Gates: “siamo consapevoli che Microsoft ha la responsabilità di avere un ruolo guida nei confronti dei consumatori e dell’industria. Questa responsabilità porta con sé il dovere di proteggere il principio che ha reso gli Stati Uniti un leader nella tecnologia: la libertà di innovare a favore dei consumatori”.