Un’impressionante coalizione di aziende impegnate nell’IT – impressionante sia per il numero che per il “peso” dei brand presenti – ha scritto alla Federal Communications Commission (FCC) statunitense, esortando l’organizzazione a ripensare il proposito di riclassificazione dei provider Internet come utility pubbliche.
Al centro del contendere c’è la solita questione della net neutrality a stelle e strisce, con la Casa Bianca che si è espressa a favore dell’imposizione di regole e norme più stringenti per il rispetto delle opportunità di accesso degli utenti – derivanti dalla riclassificazione di cui sopra – e la presidenza della FCC allineata su posizioni simili.
Stando alla petizione inviata alla FCC, però, colossi tecnologici del calibro di Intel, IBM, Qualcomm, Alcatel-Lucent, D-Link e molti altri temono sinceramente che trattare gli ISP come provider da ” Titolo II ” ridurrebbe drasticamente gli investimenti economici per la crescita e lo sviluppo del settore.
L’impatto delle decisioni di FCC – attese per gennaio e non più prorogabili dopo l’intervento di Washington – a favore di una net neutrality rafforzata sarebbe “severo e immediato”, dice la petizione, con i provider che sarebbero disincentivati a investire nello sviluppo infrastrutturale.
Le aziende dell’IT si lamentano di una net neutrality “troppo” neutrale, ma intanto gli ISP continuano a spendere per nuove infrastrutture come se niente fosse: AT&T, nemica giurata della neutralità della rete, ha lanciato un nuovo network in fibra nella Carolina del Nord, mentre il management di Verizon si contraddice e ammette che no, la net neutrality non ha nulla a che fare con gli investimenti nella rete. Gli utenti, per il momento, si mobilitano e protestano.
Alfonso Maruccia