Un occhio artificiale restituirà la vista a chi l'ha perduta

L'occhio artificiale creato in laboratorio

Un dispositivo che sembra uscito da un romanzo sci-fi, ma il prototipo esiste e funziona: una speranza per chi soffre di problemi alla vista.
L'occhio artificiale creato in laboratorio
Un dispositivo che sembra uscito da un romanzo sci-fi, ma il prototipo esiste e funziona: una speranza per chi soffre di problemi alla vista.

Creare un occhio artificiale è un obiettivo che ricercatori e scienziati di tutto il mondo si sono posti ormai da parecchio tempo. Ne abbiamo scritto anche su queste pagine nel 2010, nel 2012 e nel 2016. I progressi ottenuti dal team della Hong Kong University of Science and Technology guidato da Zhiyong Fan sembrano finalmente promettenti.

Perovskite e ossido di alluminio per l’occhio artificiale

Un articolo in merito è comparso su Nature e parla nello specifico di un sensore visuale sferico in grado di replicare il comportamento dell’organo umano, potenzialmente in grado di restituire la vista a individui ciechi o ipovedenti. Racchiude una retina semisferica realizzata con ossido di alluminio poroso da cui partono piccolissimi cavi in perovskite (lo stesso materiale impiegato nei pannelli fotovoltaici) diretti al cervello. C’è anche una lente per mettere a fuoco quanto osservato, il tutto racchiuso in 2 centimetri di diametro con la parte centrale riempita da fluido conduttivo in sostituzione del corpo vitreo. Qui sotto una raffigurazione del dispositivo, utile per osservare le parti che lo compongono.

L'occhio artificiale creato in laboratorio

 

Al fine di testarne l’efficacia i ricercatori hanno sottoposto l’occhio artificiale alla visione delle lettere, arrivando a riconoscerne con successo alcune (E, I e Y). Al momento il prototipo richiede una fonte di alimentazione esterna, ma è già prevista la possibilità di sfruttare la proprietà già descritta della perovskite per catturare energia dalla luce ambientale rendendolo così autosufficiente.

Prima di poterne sperimentare l’impiego sull’essere umano andranno comunque superati alcuni ostacoli sia in termini di sicurezza sia per quanto riguarda la qualità del segnale elaborato: al momento il campo visivo è parecchio limitato rispetto a quello di cui dispone una persona, così come la risoluzione. Detto questo, lo studio nel lungo periodo potrebbe dare speranza a chi soffre di problemi alla vista legati a fattori congeniti, all’avanzare dell’età oppure provocati da un trauma.

Fonte: Nature
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Pubblicato il
21 mag 2020
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