RIAA e file sharing, armadietti digitali a rischio?

RIAA e file sharing, armadietti digitali a rischio?

Le etichette musicali statunitensi chiedono a Box.net informazioni su uno dei suoi utenti e i suoi file. Ed è subito allarme (infondato?) sulla nuova santa crociata dell'industria contro il cloud
Le etichette musicali statunitensi chiedono a Box.net informazioni su uno dei suoi utenti e i suoi file. Ed è subito allarme (infondato?) sulla nuova santa crociata dell'industria contro il cloud

Instancabile RIAA: dopo aver incassato una vittoria multi-milionaria contro il network P2P “pirata” di LimeWire, l’organizzazione USA delle Big Four della musica commerciale (EMI, Sony BMG, Universal e Warner) sembra aver individuato un nuovo bersaglio nei servizi di cloud computing per lo storage enterprise e la condivisione di file e risorse.

Si comincia da Box.net : la piattaforma dedicata alla collaborazione e al file sharing privato tra utenti business si è vista recapitare una subpoena di RIAA, una richiesta esplicita e circostanziata di informazioni su uno degli utenti del servizio e i file scambiati.

RIAA avrebbe dunque ricominciato a prendere di mira i singoli utenti del P2P , anche se lo scenario è cambiato e alle tradizionali reti di scambio pubblicamente accessibili gli utenti preferirebbero ora i servizi di storage che popolano l’incerto scenario delle nuvole digitali.

Una diversa lettura della nuova iniziativa legale dell’industria musicale tende a sottovalutare la faccenda e smentisce le voci su un presunto nuovo trend dell’antipirateria a stelle e strisce: in realtà RIAA avrebbe inviato la subpoena a Box.net perché quell’utente braccato sarebbe responsabile di leak di materiale non ancora presente sul mercato.

Nessuna nuova campagna antipirata con la denuncia di decine di migliaia di netizen dello storage telematico, insomma, ma solo la legittima volontà delle major di difendere le nuove uscite da release in anticipo sui tempi. Per quanto riguarda Box.net , infine, la società dice di prendere “molto sul serio” la privacy dei suoi utenti ma non può fare a meno di rispettare le ingiunzioni dei tribunali quando queste richiedono la comunicazione di informazioni personali dei suddetti utenti.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 23 mag 2011
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