C’erano una volta Pippo Baudo e Mike Bongiorno, e non è che le cose andassero diversamente: perché Sanremo è Sanremo ed in questo buco nero precipita, e si esalta al tempo stesso, tutto il Carnevale che è l’essere italiani. Ma di cose ne sono cambiate eccome nel frattempo, tanto che scorrendo le edizioni si può vedere rispecchiata l’evoluzione politica, sociale, culturale, religiosa, puritana e stilistica del nostro Paese.
Le scarpe di John Travolta
Ogni cosa a suo tempo: Raimondo Vianello che liquida Madonna come una qualunque fa il paio con le scarpe di John Travolta e il “ballo del Qua Qua”; l’eliminazione di Donne (Zucchero), Vita spericolata (Vasco) e Almeno tu nell’Universo (Mia Martini) nel passato fanno a pugni con l’autotune del 2024; la farfallina di Belen Rodriguez di allora non è più nemmeno originale rispetto a quel che il FantaSanremo richiede oggi.
E via di scope di Morandi e liti con Bugo, per product placement e macchiette che si sciorinano a profusione senza soluzione di continuità.
E le canzoni? Quelle fanno da semplice colonna sonora di questo immenso show collettivo, dove ognuno cerca di ritagliarsi la propria parte e dove i meme fanno da cassa di risonanza impazzita del giorno dopo. In attesa che le scriva l’IA, a cantarle sono più gli effetti sonori delle nuove generazioni che non le ugole stiracchiate delle vecchie leve. C’era una volta la cassetta pirata che usciva il giorno dopo (a proposito: imperdibile il film “Mixed by Erry“, che proprio sul Festival di Sanremo trova il suo climax), oggi invece tutte le compilation sono già allestite e pronte all’ordine: la collezione di Loredana Bertè, la Souvenir Sanremo Edition di Emma, il CD autografato di Renga e Nek, il vinile di Clara e tutto il resto.
Perché Sanremo è Sanremo
Non mancano le playlist (qui quella dedicata con i primi 30 giorni gratuiti), ovviamente, perché questa è la musica oggi: streaming e immediatezza, cotto e ascoltato in un istante, cucinato nelle community e servito sulle piattaforme. Tutto passa dai social e i giornali mainstream se ne nutrono, al punto che la metacomunicazione prende completamente il sopravvento isolando il Festival a qualche ora in tv su cui far deflagrare tutto il resto. Un festival, inevitabilmente, vissuto sempre di più online: perché se è RAI 1 il luogo dove tutto accade, è in rete che la discussione esplode occupando completamente i canali della comunicazione (per chi non si trova in Italia, peraltro, consigliamo di leggere la nostra guida su come guardare Sanremo in diretta streaming dall’estero, così da potersi godere lo spettacolo anche fuori dai confini nazionali).
Geniale lo spot Netflix durante la kermesse: “Lo sappiamo, questa settimana guarderete altro. Ci rivediamo la prossima” con quella “Ritornerai” di Bruno Lauzi che chiude il cerchio tra la Sanremo che era e la Netflix che sarà.
In fondo, com’è che si dice? Se ami qualcuno, lascialo libero. Ci vediamo la prossima settimana ❤️
— Netflix Italia (@NetflixIT) February 5, 2024
E poi c’è la polarizzazione totalizzante delle discussioni, dove sei per Sanremo o sei contro, e in ogni caso sarai portato a commentare o tacere e sparire perché tra i trend non c’è altro spazio al di fuori. Chi farà il meme migliore? Chi riuscirà a trovare la battuta più originale? Chi indovinerà la classifica finale? Chi sta vincendo tra gli amici al “Fanta”?
Buon Sanremo a tutti, insomma. Perché tutti, in un modo o nell’altro, ci avremo a che fare.