Social network, il grande reflusso

Social network, il grande reflusso

Zuckerberg ammette che gli utenti passano meno tempo su Facebook, mentre gli "ex" eccellenti si rifanno una verginità promettendo di salvaguardare l'umanità dal "mostro" che hanno contribuito a creare.
Zuckerberg ammette che gli utenti passano meno tempo su Facebook, mentre gli "ex" eccellenti si rifanno una verginità promettendo di salvaguardare l'umanità dal "mostro" che hanno contribuito a creare.

Si è aperta la stagione della caccia ai social network , una tecnologia che a dire di chi ha contribuito a crearla rappresenta oramai un rischio per l’umanità più che uno strumento utile a socializzare in rete. Dall’interno, il padrone di Facebook pensa piuttosto a restituire un senso di “genuinità” all’esperienza.

Mark Zuckerberg ha annunciato da tempo che il social network in blu deve cambiare, e ora il fondatore di Facebook ha ammesso che i cambiamenti radicali agli algoritmi di selezione per il feed delle notizie (focalizzato sui post di parenti e amici piuttosto che su tutto il resto) hanno spinto gli utenti a passare 50 milioni di ore in meno ogni giorno sul portale.

L’obiettivo di Zuckerberg è naturalmente quello di migliorare le interazioni del suo social , ma dall’esterno c’è chi si limita a squalificare l’intero concetto di social networking come malsano, pericoloso e deleterio per l’umanità e soprattutto per i più piccoli.

E da tempo ormai che gli “insider” hanno preso a sparare sul mondo che hanno contribuito a creare, con personalità come Sean Parker (già presidente di Facebook) impegnate a denunciare i danni al cervello provocato dai meccanismi di cattura dell’attenzione insiti nelle reti sociali. Anche Chamath Palihapitiya, già vice-presidente di Facebook, ha sparato ad alzo zero sul servizio parlando di “strumenti che stanno facendo a pezzi il tessuto sociale del modo in cui funziona la nostra società.”

I pentiti del social networking ossessivo compulsivo si sono ora coalizzati nel Center for Humane Technology, organizzazione che ha la missione dichiarata di “creare consapevolezza culturale” in merito ai gravi rischi di Facebook, YouTube e compagnia. Le grandi corporation dell’IT hanno scelto di danneggiare in maniera deliberata la psiche dei loro utenti, dicono i membri dell’organizzazione, e per contrastare il fenomeno intendono favorire studi sulla dipendenza dei più giovani dalle tecnologie, fornire risorse ai genitori per razionare l’uso dei gadget mobile dei figli e altro ancora.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
9 feb 2018
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