Ai tempi dei social la Verità non fa più tendenza

Ai tempi dei social la Verità non fa più tendenza

Perché il complottismo trova tanta strada sui social network e perché la Verità ha un percorso di costruzione sempre più complesso: dinamiche e conseguenze.
Ai tempi dei social la Verità non fa più tendenza
Perché il complottismo trova tanta strada sui social network e perché la Verità ha un percorso di costruzione sempre più complesso: dinamiche e conseguenze.

Qual è il limite intrinseco tra un dibattito costruttivo ed uno infiltrato? Qual è il distinguo tra l’equilibrio e le deviazioni? Dove sta la sottile linea rossa tra libertà di parola e necessità di porre un limite? Come operare una distinzione tra chi cerca di nutrire i pozzi del sapere condiviso e chi cerca di inquinarli? Ma soprattuto: è ancora possibile portare avanti ragionamenti di questo tipo quando il dibattito pubblico si svolge sui social network?

Un esempio immediato, uno su tutti, basato sulle tendenze Twitter di queste ore. “Covid in Italia” è in rilievo, come fosse opinione rilevante, come fosse massa, come fosse aspetto emergente. Basta un click per trovarsi di fronte ad una serie di analisi su una ricerca che farebbe risalire la presenza del Covid in Italia al mese di settembre. Opinioni, chiaramente, basate su un semplice titolo e non sulla lettura (né sulla disamina) della ricerca in questione. Ma opinioni che, agglomerandosi, diventano una piccola bolla di poche centinaia di persone che si fanno notare tra milioni. Una “minoranza rumorosa” che, sempre di più, tende ad occupare posizioni di rilievo.

Dei pozzi inquinati e della ricerca della Verità

Questa dinamica emergente è sicuramente importante per capire come il dibattito avvenga online, che si tratti di politica, di economia o di salute: le convinzioni di pochi possono fare proselitismo grazie alla capacità di restare unite nella loro semplicità, mentre le sottili sfumature che caratterizzano una maggioranza tendono a disgregare il filo del discorso in tanti piccoli rivoli di complessità che non raggiungono le tendenze del momento. Senza dolo, forse, ma i social network tendono così a dar forza al negazionismo, al complottismo, al “noncielodicono” di turno. E che non sia una colpa è ormai cosa tutta da dimostrare, tanto che gli stessi network stanno tentando (almeno con operazioni di facciata) di ridurre il danno di immagine conseguente.

Chi segue i trend di Twitter, stamattina, imparerà dunque che mettere Codogno in zona rossa in primavera sia stata una follia; che la ricerca del “paziente zero” sia stata una *******; che il Governo spera di vedere i decessi crescere, non diminuire; che chi crede nel covid è “pavido, vigliacco, tonto”; che le mascherine non sono una decisione scientifica, ma autoritaria. Eccetera. Eccetera. Eccetera.

Siamo ancora ben lungi dal comprendere come dare un equilibrio logico a questo tipo di discussioni, salvaguardando tanto la libertà di espressione quanto la possibilità della Verità di venire a galla. Del resto i social network sono una novità che ha coinvolto tutta la popolazione soltanto da pochi anni, scompaginando il modo di comunicare, elaborare, capire, condividere e costruire la Verità in tutte le sue infinite sfumature. Ne verremo a capo, ma nel mezzo di una pandemia è del tutto lapalissiano quanto pericoloso sia il non avere uno stabile sistema di costruzione e condivisione della Verità o di tutto quel che possa assomigliarle.

Ma tutto ciò viene pagato a caro prezzo, ogni giorno, diventando entro poche ore mera statistica a disposizione di post, like e retweet.

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Pubblicato il
16 nov 2020
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