Spotify e lo streaming sanguinante

Spotify e lo streaming sanguinante

Spotify Limited ha registrato perdite per 16 milioni di sterline. La maggior parte dei ricavi proviene da una piccola fetta di abbonati. Mentre i costi per le royalty sono diventati insostenibili
Spotify Limited ha registrato perdite per 16 milioni di sterline. La maggior parte dei ricavi proviene da una piccola fetta di abbonati. Mentre i costi per le royalty sono diventati insostenibili

Un sanguinamento apparentemente inesorabile, che potrebbe compromettere le future sorti commerciali di Spotify, il servizio di streaming musicale creato in Svezia ormai cinque anni fa. Risultati non certo incoraggianti quelli recentemente pubblicati tra le pagine online del blog Musically : il 2009 finanziario della società Spotify Limited si è infatti rivelato un vero e proprio disastro.

Il bilancio si è dunque tinto di un’allarmante rosso. Sarebbero pari a oltre 16 milioni di sterline le perdite registrate dalla società con base nel Regno Unito, tenendo presenti costi di distribuzione, spese amministrative e versamenti sempre più cospicui nelle casse dei detentori dei diritti. Nell’anno 2009, Spotify Limited avrebbe generato profitti per soli 11 milioni di sterline .

Gran parte di queste entrate proviene dagli abbonati al servizio di streaming svedese, che – sempre al 2009 – rappresentano solo una piccola parte dei circa 7 milioni di utenti registrati in tutta Europa. Il 60 per cento dei ricavi totali verrebbe dunque da circa 250mila abbonati , numero che pare però raddoppiato allo scorso giugno.

C’è chi ha tuttavia sottolineato come a prosciugare le tasche di Spotify siano stati gli onerosi pagamenti delle royalty. A partire dal 2008, l’azienda avrebbe speso oltre 40 milioni di euro in licenze per i brani , con altri 30 milioni versati all’estate di quest’anno.

Secondo un articolo di Business Insider , ai contenuti di Spotify verrebbero applicate le tariffe di licenza più alte, cioè quelle che in genere si applicano ai modelli basati sugli abbonamenti. I detentori dei diritti potrebbero infatti far pagare di meno quando un servizio è invece basato sulla pubblicità.

Non esistendo un tariffario ibrido – come nel caso di Spotify – l’intero parco utenti del servizio di streaming verrebbe considerato alla stregua dei circa 250mila abbonati. Mentre la società svedese genera profitti a partire da una fetta ristretta di clienti. Fatto rilevante dal momento che solo il 40 per cento delle entrate proviene dalla pubblicità .

I pessimi risultati finanziari potrebbero ora gettare una minacciosa ombra sul futuro lancio di Spotify in terra statunitense. Permane un alone di incertezza sul possibile accordo con le grandi sorelle del disco, mentre il servizio di streaming potrebbe dare avvio ad una campagna per l’ottenimento di fondi.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
24 nov 2010
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