Tassa minima globale: c'è l'accordo al G7

Tassa minima globale: c'è l'accordo al G7

Al G7 si è siglato un importante accordo da cui potrà prendere forma la Minimum Corporate Tax: 15% di tassa minima alle multinazionali, a crescere.
Tassa minima globale: c'è l'accordo al G7
Al G7 si è siglato un importante accordo da cui potrà prendere forma la Minimum Corporate Tax: 15% di tassa minima alle multinazionali, a crescere.

La si è chiamata Webtax, Digital Tax e in molti altri modi ancora, tutti emblemi di trattative che raramente hanno davvero fatto pensare che si sarebbe potuti arrivare a quello che è stato invece l’accordo siglato nelle ultime ore al G7: una tassa minima per le multinazionali, un punto comune sul quale costruire una miglior relazione internazionale tra USA e l’intero mondo occidentale. Non mancano le voci di detrattori che ritengono lo standard ancora limitativo, ma in generale si esprime grande soddisfazione per quella che è una decisione che andrà ratificata anche in altre sedi prima di poter passare davvero alla fase applicativa.

Tassa minima globale

Così Mario Draghi in una rapida presa di posizione in calce alla stretta di mano siglata:

Saluto con grande soddisfazione l’accordo sulla tassazione delle multinazionali raggiunto oggi a Londra dai Ministri delle finanze del G7. È un passo storico verso una  maggiore equità e giustizia sociale per i cittadini.

La “tassa minima globale” (15%, più “l’intenzione di tassare il 20% della quota eccedente il 10% dei profitti nei Paesi in cui vengono realizzati“) è salutata dal Commissario Gentiloni come un successo ottenuto soprattutto grazie all’azione di Janet Yellen, segretaria al tesoro USA, e dal cambio di rotta fissato dall’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. La stessa Yellen spiega come la tassa minima globale pone fine alla corsa internazionale al ribasso nella tassazione, fissando uno standard condiviso che dovrà redistribuire in modo equo le risorse in base ai fatturati registrati. La palla passa ora al G20.

Per l’Italia questo accordo potrebbe valere qualcosa come 2,5 miliardi di euro annui, denaro che le Big Tech andrebbero a versare nelle casse del nostro Paese in modo più trasparente rispetto ai meccanismi odierni che avevano creato veri e propri paradisi fiscali anche all’interno della stessa UE. Un importante punto di arrivo secondo qualcuno, un importante punto di partenza per altri: sicuramente un tassello storico nelle trattative sulla gestione dell’economia internazionale, ma pur sempre uno snodo dialogico in cui ancora mancano le ratifiche finali. La strada sarà ancora lunga, ma ora almeno c’è una direzione condivisa.

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Pubblicato il
6 giu 2021
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