Roma – Sono etichettate “Anti Digital Divide”, ma non hanno nulla a che vedere con l’ Associazione Anti Digital Divide . Sono le soluzioni che Telecom Italia propone – a livello wholesale , ossia nell’ambito dell’offerta riservata agli operatori alternativi – “al fine di rendere il servizio ADSL presente in modo sempre più capillare sul territorio nazionale”. Ma ADD avverte: non è con queste soluzioni che la banda larga raggiungerà gli italiani.
Come si ricorderà, un paio d’anni fa Telecom ha varato il progetto per un’offerta mirata – sulla carta – ad agevolare lo sviluppo del broad band in Italia, battezzandolo con lo stesso nome della nota associazione. Iniziativa che – evidenzia ADD – coincise con l’installare apparati miniDSLAM. “I miniDSLAM, da noi definiti i MUX di domani – spiega – offrono solitamente connessioni in download massime di 640kb/s che sono ben lontane da ogni bonaria definizione di banda larga, avendo praticamente l’unico vantaggio di mantenere la linea libera quando si naviga in rete. In linea teorica, l’hardware potrebbe supportare anche molto di più, ma le condizioni generali non permettono di raggiungere limiti più consoni alle attuali esigenze del mercato. Più che parlare di investimento, potremmo considerare questi apparati e la loro installazione come risparmi sul budget dal momento che Telecom evita di investire realmente su tutto ciò che concerne l’infrastruttura a monte e a valle della centrale. Ricordiamo infatti che i miniDSLAM sono installati nelle centrali ove non è presente la fibra ottica, quindi sono alimentati con flussi su rame che prima o poi vanno incontro a problemi di disponibilità di banda a monte”.
La soluzione, precisa ADD, ha limiti notevoli: “Genera prestazioni e qualità di connessione (MCR ridicoli) che lasciano molto a desiderare, rendendo nella stragrande maggioranza dei casi la navigazione impossibile (come segnalato nel nostro Forum). Un dato decisamente importante che spesso ci si dimentica di considerare è che i miniDSLAM sono mini in tutti i sensi, potendo fornire connettività solo a 50 – 100 utenze; dimenticando tutte le altre, con buona pace del digital divide”.
Gli utenti che vivono nelle località interessate dal progetto Anti Digital Divide di Telecom, secondo l’Associazione non si devono dunque sentire particolarmente favoriti rispetto a chi risiede in località escluse, né baciati dalla fortuna: certamente però si trovano in una condizione migliore di chi è costretto a connettersi in Internet via ISDN o, peggio, su linea analogica. “La nostra contestazione – spiega l’associazione – parte dal fatto che l’incumbent stessa in un recente notiziario tecnico in realtà aveva ammesso che il sistema non funzionava a dovere e stava studiando nuovi metodi d’interconnessione per aumentare almeno la banda a monte, quindi il problema è noto e ufficializzato”.
“Restiamo stupiti quindi – aggiunge – che Telecom in questi giorni di calura estiva, dopo il loro grande successo riproponga i miniDSLAM anche in versione per armadi ovvero per gli “UCR” (Unità di Commutazione Remota). A questo punto ci chiediamo… perché?”.
ADD non è affatto convinta che sostituire MUX/UCR collegati in rame di oggi con i MUX di domani sia una soluzione ottimale: “Si tratterà di un investimento castrato – osserva – di un intervento all’acqua di rose fatto solo per non spendere di più e per far felici azionisti e sbandieratori di statistiche”.
“Ritenere che i miniDSLAM possano essere una soluzione al Digital Divide è come pensare che ridurre del 50% le emissioni di CO2 nei prossimi 50 anni sia una soluzione al problema del surriscaldamento terrestre; sicuramente aiuterà a migliorare le statistiche riguardanti le percentuali di copertura della banda larga in Italia (e quelle solamente). Alcuni benpensanti riterranno che tale soluzione sia meglio del non avere nulla, il che potrebbe anche essere ragionevole, se si evitano ovviamente di considerare le opinioni di moltissime utenze del mitico Progetto Anti Digital Divide 1, in attesa di attendere le opinioni dei futuri utenti del Progetto Anti Digital Divide 2″.
“Nel frattempo invece – conclude ADD – saremmo lieti se Telecom Italia tenesse in considerazione il fatto che chiedere 20 euro di abbonamento per una 640 Kb/s, quando per la stessa cifra si offre una connessione a 7 Mbps risulta essere un rapporto quantomai squilibrato costo/prestazioni. Basti pensare che la matematica suggerisce un costo pari ad 11 volte il valore che invece dovrebbe avere, valori che dovrebbero far riflettere… speriamo”.