Il grande sogno di Tesla di invadere le strade entro giugno con la sua flotta di taxi senza conducente deve fare i conti con un nemico inaspettato: la burocrazia del registro marchi. L’Ufficio brevetti americano ha gentilmente fatto notare che “Robotaxi” è un termine troppo ovvio per meritare protezione legale. A quanto pare, unire “robot” e “taxi” non rappresenta esattamente l’apice della creatività lessicale nel 2025.
Tesla in difficoltà con i marchi Robotaxi e Cybercab: a rischio il lancio di giugno?
Secondo l’esaminatore, il termine robotaxi è “meramente descrittivo“, ed è già utilizzato da altre aziende per prodotti e servizi simili. Anche le domande per il marchio “Cybercab“, altro nome scelto da Tesla per il suo futuro servizio, sono state bloccate a causa di richieste simili presentate da altre società. Insomma, un vero e proprio ginepraio di cavilli legali che rischia di rallentare i piani di Musk.
Ma Tesla non si arrende. L’azienda avrà la possibilità di presentare prove e argomentazioni per convincere l’USPTO della validità dei marchi richiesti. Dovrà dimostrare l’unicità e la distintività dei termini scelti, fornendo materiali specifici come brochure, pubblicità e screenshot del sito web.
Inoltre, una seconda domanda per il marchio “Robotaxi“, questa volta riferita al servizio di ride-hailing vero e proprio, è ancora in fase di esame. Se approvata, Tesla potrebbe utilizzare il termine per attività come il coordinamento di spostamenti, l’organizzazione di servizi di ridesharing e il noleggio di veicoli autonomi.
L’importanza della regolamentazione
Mentre le grandi aziende corrono verso un futuro di veicoli senza conducente, i sistemi regolatori procedono a passo d’uomo – e forse è un bene. L’USPTO, con la sua apparente pedanteria sui termini generici, svolge inconsapevolmente un ruolo cruciale: rallentare una corsa che rischia di privilegiare la velocità sulla sicurezza.