Tim Berners-Lee: Twitter non mi piace

Tim Berners-Lee: Twitter non mi piace

Il papà del World Wide Web sostiene che il tecnofringuello sia fonte di punti di vista "estremi" e inadatti a partecipare a dibattiti costruttivi. E aggiunge: per il futuro c'è bisogno di strumenti migliori
Il papà del World Wide Web sostiene che il tecnofringuello sia fonte di punti di vista "estremi" e inadatti a partecipare a dibattiti costruttivi. E aggiunge: per il futuro c'è bisogno di strumenti migliori

Twitter incoraggia le persone ad assumere punti di vista “estremi”. Se non un anatema, è senz’altro una critica dura quella pronunciata da Tim Berners-Lee nei confronti del social network da 140 caratteri. Secondo l’inventore del World Wide Web , i cinguettii esprimono delle posizioni troppo radicali , lontane dalle regole del dialogo e, per questo, destinate a rovinare qualsiasi forma di dibattito.

Parlando a Londra nel corso della conferenza intitolata “Profiting From The New Web”, organizzata dalla Royal Society, Sir Tim ha spiegato di aver notato il carattere dannoso dei tweet in occasione del dibattito sulla Net neutrality , riferendosi in particolare all’idea che il traffico online (dai video alle mail) dovrebbe essere trattato con la stessa priorità.

“Tutti questi tweet sono estremi”, ha dichiarato il genitore del WWW. E poi, una domanda dal sapore provocatorio: Twitter farà parte del futuro del Web? La risposta di Tim Berners-Lee si appella al bisogno di qualcosa di più sofisticato .

Il motivo del suo disprezzo riposa nell’ insufficiente apporto alla discussione insito in 140 caratteri , poche parole che non riescono ad argomentare un punto di vista che possa essere coerente e, soprattutto, costruttivo.

Ma la critica di Berners-Lee non si ferma a Twitter, e abbraccia tutto l’universo dei social network per arrivare all’ormai noto concetto del walled garden . In un articolo apparso qualche mese da su Scientific American , il babbo del Web ha affermato che brand come Facebook, Apple e Google attentino all’apertura e alla libertà della Rete, “imprigionando” i bit relativi agli utenti e impedendo, di fatto, la libera circolazione delle informazioni.

Un giudizio da parte di chi, evidentemente, non è in grado di usare correttamente gli strumenti sotto accusa: almeno secondo Jason Wilson, ricercatore sui social network presso l’Università di Canberra. “Penso che abbiamo appena cominciato a capire come funzionano Twitter e simili, e credo, dunque, che (Berners-Lee, ndr) sbagli se dice che le persone non lo usano per condividere informazioni”, conclude Wilson.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
27 mag 2011
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