Transumanesimo, l'era del cyborg è sempre più vicina

Transumanesimo, l'era del cyborg è sempre più vicina

Esperti e professori americani alzano il tono del dibattito sulle capacità della tecnica di modificare l'uomo. Un futuro sempre più prossimo, dicono, che potrebbe imporre scelte difficili, molto difficili
Esperti e professori americani alzano il tono del dibattito sulle capacità della tecnica di modificare l'uomo. Un futuro sempre più prossimo, dicono, che potrebbe imporre scelte difficili, molto difficili

New York – Il futuro post-umano , in cui il potere illimitato della tecnica dona vita eterna alle cellule, una mente più sveglia e sempre reattiva, figli più veloci, più alti, più forti e intelligenti è pieno di incognite e di domande senza una risposta univoca . Ne esamina i tratti lo studio “Wired Patients”, che l’assistente professore di filosofia alla Marquette University Keith A. Bauer darà alle stampe entro l’anno sulla pubblicazione Cambridge Quarterly of Healthcare Ethics , e di cui è stata pubblicata online una preview su JS Online con il significativo titolo di ” Robo-dilemma “.

42enne, pittore, disc jokey, universitario, grazie alla sua esperienza nelle radio Bauer ha sviluppato l’interesse per le tecnologie della comunicazione, mentre i suoi studi sulla filosofia e le implicazioni sociali della medicina lo hanno condotto verso la bioetica e la cura della salute.

Forte di questo niente affatto comune background , il professore si è ora addentrato nell’intricato dibattito sul transumanesimo , quel vasto movimento internazionale promotore dell’armonizzazione delle potenzialità della scienza e della tecnologia con la natura biologica dell’essere umano.

Un dibattito che tratta questioni sempre più concrete, piuttosto che semplici obiettivi potenziali: già oggi l’idea di cyborg è divenuta pratica comune della medicina e della bioingegneria , con protesi artificiali in grado di restituire, talvolta in maniera completa, le funzioni corporali alle vittime di incidenti e mutilazioni gravi, microchip in grado di ripristinare i collegamenti con le terminazioni nervose interrotte o danneggiate e impianti a base di RFID che funzionano come ricetrasmittenti per procedure di check-up medico velocizzato.

La discussione sul transumanesimo, e quindi l’obiettivo del lavoro di Bauer, va in effetti molto oltre a tutto ciò : il professore parla della possibilità di “disegnare” la propria prole con una caratterizzazione genetica ben specifica, scegliere gli ovuli da fecondare in vitro con un profilo di DNA avulso da potenziali difetti o morbi conosciuti, rendere i nascituri più intelligenti con modificazioni al codice vitale di base ed “epurarli”, individui ancora potenziali, dalla maggior parte degli impulsi violenti e antisociali. E ancora, si parla di adulti in grado di vivere 20 anni di più dell’adesso-ieri, connessioni dirette senza fili tra i nostri apparati cerebrali e le macchine intelligenti, e magari occhi artificiali ottimizzati per la visione notturna, ideali per applicazioni specifiche come quelle dei professionisti della nuova guerra metropolitana nelle strade di Bagdad.

Wired Patients tratterà di casi pratici in cui, grazie ad elettrodi impiantati nel cervello, i pazienti hanno riacquisito capacità perdute in seguito a danni permanenti alla spina dorsale, o dei circa i 200 VeriChip impiantati sottopelle ad altrettanti cittadini americani per la lettura veloce di informazioni mediche – con scanner non più grandi di una calcolatrice. Tutte tecnologie in grado di superare le necessità di salute basilari, per approdare nella terra ancora largamente inesplorata degli organismi super-umani , versioni potenziate di esseri strappati al lento progredire della semplice evoluzione naturale.

“Tutto ciò riporta alla mente immagini fantascientifiche di cyborg con poteri fisici e mentali superiori. Ma non dobbiamo immaginarci un qualche possibile futuro per vedere come le funzioni umane possano essere migliorate con i microchip e i biosensori” scrive Bauer. I cyborg sono già tra di noi , conferma Brian Kopell, assistente professore di neurochirurgia presso il Medical College of Wisconsin , secondo cui l’uomo-macchina “non è più una questione di fantascienza. È un fatto di scienza”. I miracoli delle neuroscienze come viatico per liberarsi dal giogo della lenta evoluzione biologica: per James Hughes, direttore dell’organizzazione non profit Institute for Ethics and Emerging Technologies , lo impongono le esigenze di adattamento alla vita di oggi: “Ai giorni nostri non facciamo nulla di naturale – dichiara Hughes – La vita moderna è totalmente differente da quella che doveva essere secondo l’evoluzione”.

Richard Hayes, direttore del Center for Genetics and Society , sostiene che la vera questione è stabilire quale tipo di manipolazioni contribuisce al benessere sociale e quale no. Le nazioni devono decidere quali tecnologie supportare, a discapito di quelle le cui conseguenze nefaste sul destino comune devono suggerne lo scarto a priori.

Che la questione sia, a questo punto della ricerca, molto più complessa lo ricorda Robyn S. Shapiro, direttrice del centro studi sulla bioetica al Medical College del Wisconsin. “Tradizionalmente, nuovi sviluppi evocano orrore e paura e vengono accettati gradualmente – dice Shapiro – Lo abbiamo visto con la fecondazione in vitro e il trapianto di organi”. Pur tuttavia, le possibilità della tecnica moderna permettono letteralmente di “armeggiare con i blocchi base costitutivi di ciò che siamo”, un cambiamento di prospettiva che evoca ancora una volta, dopo le mostruosità naziste , lo spettro della selezione eugenetica di una razza superiore.

Il transumanesimo fa sorgere problematiche di etica mai affrontate fino ad oggi. Gli scienziati stanno penetrando, lentamente ma inesorabilmente, nei misteri della mente umana, riuscendo ad esempio a individuare alcuni dei meccanismi alla base dei comportamenti violenti. Utilizzando tali conoscenze, sarebbe in teoria possibile adottare terapie specifiche per eliminare i suddetti dalla psicologia dei propri figli, e questo è un esempio lampante dei dilemmi di fronte a cui viene posta la capacità decisionale delle persone e delle istituzioni dai nuovi avanzamenti della conoscenza e della “potenza” dell’azione umana.

In merito all’acceso dibattito tra possibilisti e contrari alle mutate prospettive del post-umano, Keith Bauer sceglie di porsi in una posizione di osservatore: “Non ho raggiunto la conclusione che tutto ciò porti ad una nuova Utopia” sostiene il professore, ma aggiunge che non ha nemmeno “raggiunto alcuna conclusione che questo porterà ad una distopia. Ma è affascinante. Siamo all’apice di qualcosa di estremamente significativo”.

Particolarmente significative per Bauer sono le manipolazioni degli embrioni , perché in questo caso “io non sto modificando solo me stesso, ma le specie”, con le alterazioni genetiche che assumono carattere ereditario. Purtroppo per tutti, Robyn Shapiro ricorda che la legge, l’etica e più in generale le istituzioni, che verranno sempre più chiamate in causa per pronunciarsi sulle spinose questioni nate dall’approccio post-umano all’esistenza, “restano nella pratica sempre indietro rispetto agli avanzamenti nelle scienze”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
15 mag 2007
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