Uber, chi vuol essere dipendente?

Uber, chi vuol essere dipendente?

Un giudice californiano ha stabilito che gli autisti possono unirsi in una class action per far valere certe condizioni del loro contratto di lavoro
Un giudice californiano ha stabilito che gli autisti possono unirsi in una class action per far valere certe condizioni del loro contratto di lavoro

Un giudice californiano ha concesso lo status di class action alla denuncia con cui tre autisti Uber vogliono essere riconosciuti dalla startup come dipendenti, con tutte le conseguenze del caso.

Si tratta della diretta conseguenza della condanna incassata in California da Uber a giugno in seguito alla denuncia della California Labor Commission per non aver regolarizzato l’assunzione dei suoi autisti. Nonostante Uber sostenesse di essere solo un’app che offre il servizio di intermediazione tra gli utenti e gli autisti volontari , e che questi fossero quindi dei semplici lavoratori indipendenti, vale a dire dei fornitori di un servizio – il proprio tempo e la propria vettura – o dei liberi professionisti che vendono la propria prestazione alla guida, è stata accolta la tesi dell’accusa secondo la quale nonostante tali distinguo, gli autisti lavorano come veri e propri dipendenti per la startup ed in quanto tali meritano di essere inquadrati dal punto di vista legale .

Secondo quanto si legge ora nella decisione del giudice Edward M. Chen, che ha risposto alla richiesta di degli autisti di Uber che partendo dagli assunti della California Labor Commission volevano far valere i propri diritti davanti al proprio datore di lavoro, diverse argomentazioni avanzate da Uber a sostegno della comprensione dei suoi lavoratori come lavoratori autonomi “sono problematiche”. In particolare, sembra “assolutamente senza basi” la considerazione per cui “un’innumerevole schiera di guidatori preferirebbe essere considerato un lavoratore indipendente piuttosto che un impiegato”.

Pertanto il giudice federale ha disposto che gli autisti abbiano diritto di unirsi in un’unica causa per far valere le proprie ragioni, che in termini civilistici significa la possibilità di chiedere danni, rimborsi e compensazioni.
Possono dunque ora aderire alla denuncia contro Uber tutti gli autisti assunti dalla startup con contratti di collaborazione in base alla normativa statunitense 1099, potenzialmente decine di migliaia: nelle condizioni contrattuali in cui finora sono stati inquadrati, infatti, gli autisti sono considerati come dei lavoratori dipendenti che offrono i propri servizi all’azienda ed in quanto tale non hanno diritto a determinati contributi, allo stipendio minimo previsto negli Stati Uniti ed agli straordinari. In alcuni Stati le condizioni del contract 1099 non prevedono neanche l’assicurazione sanitaria o il rimborso per la manutenzione del veicolo utilizzato per il lavoro in oggetto.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
2 set 2015
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