USA, carcere per i cyberbulli?

USA, carcere per i cyberbulli?

Una proposta di legge in memoria di una giovane spinta al suicidio da angherie subite su MySpace. Una proposta di legge che rischia di confondere le molestie online con le manifestazioni della libertà di espressione
Una proposta di legge in memoria di una giovane spinta al suicidio da angherie subite su MySpace. Una proposta di legge che rischia di confondere le molestie online con le manifestazioni della libertà di espressione

Umiliazioni, provocazioni, angherie mediate dalla tecnologia: contro questi atteggiamenti si scaglia una proposta di legge in discussione negli States. Proposta che si ripromette di punire aguzzini che agiscono celati dietro a schermi di ogni foggia, che dovrebbe rassicurare genitori angustiati da cronache che attribuiscono agli strumenti di comunicazione le cattive intenzioni che animano le persone che li impugnano.

La proposta di legge federale è denoninata Megan Meier Cyberbullying Prevention Act . La representative californiana Linda Sanchez l’ha riproposta con il preciso intento di invitare i cittadini a ricordare la torbida vicenda che si è conclusa con il suicidio di una 13enne, Megan Meier. Una giovane fragile, irretita dalle melliflue parole mediate da MySpace e digitate quello che credeva essere un 16enne che si è trasformato in un aguzzino. Il suo interlocutore, a differenza di quanto credeva Meier, era tale Lori Drew: una donna adulta, giunta alle soglie dei 50 anni, una vicina di casa che insieme a due complici non aveva risparmiato crudeltà nei confronti della piccola. Megan Meier si era suicidata, Drew era stata trascinata in tribunale, i giudici avevano ammesso di brancolare nel vuoto legislativo .

Il caso era poi stato trasferito a livello federale. Il giudice aveva formalizzato l’accusa: la punizione per aver usato crudeltà nei confronti della giovane Meier sarebbe transitata dall’accusa di aver violato il Computer Fraud and Abuse Act , una legge anticracking e antihacking che risale al 1986. Drew era stata accusata di violazioni dei termini del contratto stipulato con MySpace per essersi registrata con un nome che non la rappresentava, avrebbe estorto informazioni alla minore, avrebbe impugnato queste informazioni per arrecarle danno. Se in prima istanza la donna rischiava di dover scontare 20 anni di carcere, la pena è stata progressivamente ridimensionata : nei giorni scorsi l’accusa ha chiesto che Drew sconti tre anni di carcere. Una pena che si definisce esemplare, una pena che secondo l’accusa dovrebbe “dissuadere altre persone dall’uso di Internet volto a tormentare e strumentalizzare i bambini”.

A causa di un apparente vuoto legislativo, hanno denunciato in passato numerosi difensori dei diritti dei cittadini, per chiedere la condanna della donna l’accusa avrebbe imbracciato e interpretato in maniera discutibile una legge che potrebbe ritorcersi contro cittadini della rete innocenti . A sopperire a questa mancanza, una proposta di legge che si scaglia contro le molestie perpetrare attraverso le tecnologie.

Il testo, già presentato da Sanchez lo scorso anno e ora reintrodotto al Congresso, è stato scritto per garantire un appiglio nella formulazione delle accuse nei confronti di cyberbulli. Rendendo illegale e minacciando di punire con sanzioni e con il carcere una condotta che in molti testimoniano essere in rapida diffusione, Sanchez auspica di contenere il fenomeno. Email e post, sessioni di chat e SMS: tutti i mittenti di “comunicazioni elettroniche entro e fuori dai confini dello stato condotte con intenti coercitivi o intimidatori o con lo scopo di tormentare o causare sostanziali disturbi emozionali ad una persona”, coloro che usino “mezzi di comunicazione elettronica per agevolare comportamenti gravi, ripetuti e ostili” rischiano di essere puniti con un massimo di due anni di carcere e con delle sanzioni pecuniarie.

Ma non sarebbero questi gli strumenti più opportuni per proteggere i giovani netizen, gli animi più sensibili e tutti coloro che in rete si imbattono in carnefici celati dietro a nickname. Un testo come quello del Megan Meier Cyberbullying Prevention Act minaccia di punire un comportamento vago e poco delineabile in fattispecie , minaccia di punire sulla base di ciò che viene percepito dal destinatario delle comunicazioni mediate dalla tecnologia. Si tratterebbe per questo motivo di un testo passibile delle interpretazioni più creative, una legge che potrebbe essere brandita per mettere a tacere coloro che in rete si limitano ad esprimere delle critiche pienamente lecite, ma sgradite.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 11 mag 2009
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