Dilaga il tecnobullismo, dicono

Dilaga il tecnobullismo, dicono

Il fenomeno è in aumento negli USA: un adolescente su dieci è vittima di cyberangherie. E a nulla servono bandi e proibizioni. I figli, dicono gli scienziati, non vanno lasciati da soli
Il fenomeno è in aumento negli USA: un adolescente su dieci è vittima di cyberangherie. E a nulla servono bandi e proibizioni. I figli, dicono gli scienziati, non vanno lasciati da soli

Messaggini provocatori, email beffarde, crudeltà filmate condivise online per mettere in ridicolo compagni di scuola e coetanei. Il bullismo che si perpetra in rete è una nuova forma di crudeltà sociale: a rilanciare l’ allarme è il Journal of Adolescent Health , con un supplemento speciale dedicato alla spinosa questione che è stata capace di mobilitare stuoli di genitori e di politici.

Il fenomeno è in costante crescita e sono in vertiginoso aumento le vittime prese di mira a mezzo telefonini e web: i ricercatori del Centers for Disease Control and Prevention ( CDC ) stimano che negli Stati Uniti le manifestazioni del fenomeno fra gli adolescenti tra i 10 e i 17 anni siano aumentate del 50 per cento dal 2000 al 2005.

Un adolescente su dieci , spiega uno degli articoli pubblicati dalla rivista scientifica, è stato vittima di violenze da parte di tecnobulli, e quattro ragazzi su cento ammettono di aver commesso contro amici e compagni qualche veniale crudeltà online. Si sta delineando una nuova popolazione di vittime: due terzi dei ragazzi che hanno subito le angherie di coetanei rivela di aver subito derisioni e violenze soltanto attraverso gli schermi: in chat, a mezzo instant messaging, via SMS o negli scambi di email.

Una tendenza che non stupisce i ricercatori che guardano l’aumento di ragazzi, vittime e aguzzini, che nel corso degli anni si sono proiettati in rete.
“Parallelamente alla trasformazione di Internet in una nuova arena per l’interazione sociale, la rete è diventata sempre più sede del bullismo fra i giovani”, chiosano due esperti nella rivista.

Le tesi sono sempre quelle. A vantaggio dei piccoli tiranni giocherebbe l’illusione di un possibile anonimato , una chimera alla quale cederebbero molti giovani: nascondersi dietro un nickname conferisce sicurezza in se stessi, e, sottolineano Corinne David-Ferdon e Marci Feldman Hertz, non consente alla vittima di innescare le difese che possono scoraggiare i bulli dal loro intento vessatorio.

Quando le minacce si fanno più pressanti, quando le vittime pur a chilometri di distanza sentono l’alito del carnefice sul collo, in quel caso le umiliazioni subite online sconfinano dalla sfera psicologica e si ripercuotono pesantemente sui comportamenti nella vita reale . Una questione che preoccupa non poco i ricercatori: a scuola le vittime tendono a collezionare assenze e punizioni, sviluppano atteggiamenti aggressivi, e sarebbe addirittura otto volte più probabile che i ragazzi presi di mira dai tecnobulli portino sempre con sé delle armi.

La soluzione per tentare di arginare il problema? A nulla servono provvedimenti drastici come bandi e proibizioni : “La tecnologia offre grandi benefici ai giovani, consente loro di innestare relazioni sociali che altrimenti non potrebbero coltivare”, ha spiegato Hertz. Sono le famiglie a dover affiancare i ragazzi online , a doverli educare a non fare un uso improprio delle tecnologie. Per una volta, insomma, non si invoca la censura come facile panacea di ogni male.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 29 nov 2007
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