Uno studio della Computer and Communications Industry Association ( CCIA ), che conta al suo interno anche Yahoo!, Google e Microsoft, ha calcolato il contributo all’economia del settore industriale che fa affidamento sul fair use , l’uso legittimo dei contenuti protetti da copyright, e sulle altre eccezioni al diritto d’autore: un valore che sarebbe in continua crescita e nel 2007 (ultimo anno per cui sono disponibili statistiche) arriverebbe a toccare i 4,7 milioni di miliardi (un sesto del PIL degli Stati Uniti), con l’impiego 17 milioni di persone.
Per quanto tali numeri debbano essere presi con le dovute precauzioni , dal momento che la statistica prende in considerazione tutto ciò che ha a che fare con l’ utilizzo legittimo di un’opera protetta da proprietà intellettuale , dai Web host alle scuole private, passando per i motori di ricerca, può essere interessante notare il ruolo che questa fattispecie assume per la cosiddetta new economy che gira intorno ad Internet e il valore che lo studio assume rispetto agli studi delle major sull’ impatto della pirateria e delle altre violazioni di proprietà intellettuale.
La statistica si contrapporrebbe , infatti, idealmente alle statistiche dei rappresentanti dei detentori di diritti sui danni della pirateria all’economia (ne utilizza le medesime modalità statistiche) utilizzate per chiedere urgentemente una stretta sulla normativa della proprietà intellettuale.
L’istituto del Fair Use (cui è dedicata la sezione 107 del Copyright Act del 1976), peraltro, in Rete assume sfumature meno chiare ed il confine rimane più che altro una trincea su cui combattano senza tregua RIAA , MPAA e gli altri rappresentanti dei detentori di diritti, da un lato, e i sostenitori di un’interpretazione più progressista della materia.
I nuovi mezzi tecnologici hanno cambiato le forme che può assumere la diffusione delle opere e i modi in cui esse possono essere incorporate, remixate, modificate e utilizzate. Ha cambiato, insomma, il campo di battaglia e le regole di ingaggio : utilizzare pochi secondi di una canzone protetta da diritto d’autore in un video amatoriale poi diffuso su una piattaforma di user generated content , uno spezzone di un film con i sottotitoli cambiati con fini ironici, o il video ufficiale di una canzone ripescata dal dimenticatoio del passato, fino all’indicizzazione dei titoli di giornali e al diritto al link , sono comportamenti che sarebbero ritenuti legittimi proprio in base a questo principio ma su cui vi è ancora dibattito .
Nel frattempo, tuttavia, intorno a queste forme di diffusione delle opere si sono sviluppati siti, è cresciuta la richiesta di infrastrutture che agevolino la fruizione e sono nati business. Tanto che le aziende che ne hanno beneficiato hanno avuto una crescita incredibile negli ultimi 20 anni, con un profondo impatto sull’economia e sul settore basato sul diritto d’autore, nonché sui milioni di persone che vi operano.
Claudio Tamburrino