Wikileaks e le soffiate di Google

Wikileaks e le soffiate di Google

Il sito punta il dito contro Mountain View per delle informazioni riservate passate sul suo conto, insieme all'accesso alla posta dei suoi redattori. Google avrebbe agito in seguito a un regolare mandato
Il sito punta il dito contro Mountain View per delle informazioni riservate passate sul suo conto, insieme all'accesso alla posta dei suoi redattori. Google avrebbe agito in seguito a un regolare mandato

Wikileaks si scaglia contro Google, colpevole di aver passato alle autorità informazioni sensibili sullo staff del sito di delazioni e di aver avvertito i diretti interessati con anni di ritardo.

Nonostante il suo leader Julian Assange sia ancora confinato all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, per evitare l’ordine di estradizione verso la Svezia dove lo aspetta il molto discusso processo per un’accusa di molestie, il sito di delazioni ha continuato la sua opera di trasparenza e proprio recentemente Assange ha pubblicato un libro in cui collega strettamente l’operato di Mountain View a quello di Washington .

Google, per la verità, è stata costretta – in base all’ Electronic Communications Privacy Act – ad inviare alle autorità i,dati richiesti in quanto ad ordinarglielo è stato un mandato emesso nel marzo del 2012 da un giudice federale per l’indagine per spionaggio avviata nei confronti della piattaforma.

Tra le informazioni fornite alle autorità vi sono email (gli indirizzi, i contenuti, i metadati ed i contatti) e gli indirizzi IP di tre membri dello staff del sito di delazioni: l’editor britannica Sarah Harrison , l’editor senior Joseph Farrell ed il portavoce Kristinn Hrafnsoon .

Sempre sotto gli ordini delle autorità, Google non avrebbe potuto avvertire prima i diretti interessati: solo adesso è stata rimossa la riservatezza dal fascicolo inerente tali operazioni.

La questione, in ogni caso, potrebbe non risolversi con il riconoscimento del mandato: per anni le autorità statunitensi si sono sentite legittimate ed hanno ordinato a Google – una delle aziende che gestisce il traffico del maggior numero di informazioni – di fornire accesso all’email di cittadini e giornalisti stranieri, di cui hanno quindi monitorato la corrispondenza, in barba a qualsiasi diritto alla privacy.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 26 gen 2015
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