Abbiamo più paura di un'app che di una pandemia?

Abbiamo più paura di un'app che di una pandemia?

Abbiamo più paura di un'app che di una pandemia: potrebbe essere la conseguenza di un avvenuto distacco di sfiducia nei confronti dell'innovazione?
Abbiamo più paura di un'app che di una pandemia?
Abbiamo più paura di un'app che di una pandemia: potrebbe essere la conseguenza di un avvenuto distacco di sfiducia nei confronti dell'innovazione?

Mentre Immuni tocca quota 6 milioni di download, un occhio cade sull’andamento di questa app e l’altro cade sui dati di contagio che stanno imperversando a livello europeo. Guardare a Immuni come ad un’isola “standalone” sarebbe infatti profondamente sbagliato, poiché è questo uno strumento che è stato identificato per contribuire al tracciamento dei contati nel contesto di una pandemia internazionale: Immuni può essere analizzato, giudicato, supportato o criticato soltanto in quest’ottica.

Ma quando si guarda alle due cose contemporaneamente si sente qualcosa che stride, una dissonanza che presto o tardi presenterà il conto. Da una parte c’è infatti un contesto che allunga ombre pericolose sull’autunno: i contagi in Francia e Spagna sono arrivati ad un livello estremamente alto, con un trend che prelude ad un periodo chiaramente pericoloso, mentre il Regno Unito ha già dovuto mettere piede in un nuovo parziale lockdown. Ma si guardi alla Francia, appena al di là delle Alpi: meno tamponi rispetto all’Italia, ritmo di contagio molto più alto e potenzialmente ben più avanti di noi in una ipotetica curva di crescita che torni a soffiare su tutto il continente.

Quando l’Italia stava facendo i conti con la prima grande ondata, l’Europa guardava all’Italia con sufficienza, puntando il dito contro le nostre inefficienze e sottovalutando tutti i passi che si sarebbero potuti fare per evitare medesimi errori. A distanza di un semestre, la Francia ha molti più contagi dell’Italia e con un trend decisamente peggiore, ma è diffuso in Italia un atteggiamento molto “francese”: guardiamo i cugini d’oltralpe stigmatizzando le loro inefficienze e ignorando i nostri stessi errori. Cosa potrebbe andar male in un contesto simile?

App, innovazione e pandemie

Ed ecco che, di fronte ad un contesto simile, ci si trova a misurare i download di Immuni per capire perché si ignori diffusamente quello che potrebbe essere un aiuto al contact tracing nazionale, sforzo sul quale le autorità sanitarie stanno investendo molto per poter identificare quanto meglio e quanto prima i possibili contagi. La scuola (aspetto fin troppo ignorato) sarà fondamentale in questo lavoro perché potrà intercettare i minori asintomatici consentendo di scoprire in casa quali siano i contatti avvenuti. Ma se abbiamo un’app gratuita che può aiutare a questo scopo, perché non utilizzarla? Per paura della privacy, dicono. Per paura delle inefficienze, dicono. Per paura dell’Ordine Mondiale, dicono. Per paura dei falsi positivi, dicono. Per paura, in ogni caso, qualunque sia il motivo scatenante e forse anche senza un vero motivo. Ma queste paure hanno anche una coda di diffidenza dietro di sé, un sentimento che lascia sulla strada un disinteresse distaccato. Ci troviamo quindi con un paese diffusamente attivo sui social ad avere paura per la privacy; un paese costantemente prono alle fake news timoroso per un’app con codice aperto; un paese fieramente convinto di investire nell’innovazione che ad ogni afflato innovativo fa un passo indietro perché si sente insicuro.

Immuni: 6 milioni di download

Il Paese che prima di ogni altro ha abbracciato il mobile, poi si è rivelato in costante ritardo nelle dinamiche che avrebbero potuto costruire basi per un futuro sociale ed economico più florido: il contante resiste rispetto ai pagamenti digitali; gli sportelli fisici resistono al cospetto di app che potrebbero fare tutto, meglio e più rapidamente; il ritorno in ufficio ha avvocati difensori più fieri rispetto ai progetti di smart working.

E si resta così, in equilibrio precario tra un piede fissato nel passato e un altro appoggiato ad un futuro che scivola via veloce. Non è colpa di Immuni, né di chi lo critica a torto o meno, né di chi lo esalta oltre ogni ragione, ma di una cultura che non sa risolversi dal punto di vista identitario e che ad ogni rapido cambiamento si trova a dover fare i conti con i propri scheletri. E non è forse colpa nemmeno dell’Italia o degli italiani, perché medesime dinamiche sono avvertite a livello internazionale: forse l’innovazione è troppo rapida, forse non è rassicurante, forse è troppo poco trasparente. Forse, e non sono queste ipotesi da scartare perché questo significa che non si può contare su ulteriori accelerazioni quando invece sarebbero fondamentali.

Eppure improvvisamente gli italiani hanno imparato l’e-learning, son balzati in massa sull’e-commerce, hanno registrato SPID, hanno scaricato IO, hanno chiesto bonus sul sito INPS, sul medesimo sito hanno costruito il Reddito di Cittadinanza e ora hanno registrato mezzo milione di download di Immuni nel giro di pochi giorni. O è necessità, o forse è che “quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare“.

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Sta arrivando l’autunno. Abbiamo più paura di un’app che di una pandemia. Non siamo pronti. Se #andratuttobene sarà forse un buon risultato, ma non sarà esattamente un merito.

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Pubblicato il
18 set 2020
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