Baidu: DNS, è colpa vostra

Baidu: DNS, è colpa vostra

Il sito del popolare search engine cinese punta il dito contro un servizio statunitense che si sarebbe macchiato di grossolana negligenza nella gestione dei suoi Domain Name System durante l'attacco della cyberarmata iraniana
Il sito del popolare search engine cinese punta il dito contro un servizio statunitense che si sarebbe macchiato di grossolana negligenza nella gestione dei suoi Domain Name System durante l'attacco della cyberarmata iraniana

Secondo alcuni esperti in sicurezza informatica, il cyberattacco che aveva messo sotto scacco il più popolare motore di ricerca cinese era stato condotto attraverso la compromissione dei Domain Name System (DNS). Baidu.com pare essere stato costretto a servirsi delle prestazioni di un ISP della Florida al posto dei propri, resi praticamente ingestibili dai cracker. E Baidu sembra ora aver trovato un colpevole , qualcuno che doveva tutelare meglio la sicurezza interna del search engine asiatico.

Per la precisione, si tratta del servizio DNS Register.com , accusato dal sito cinese di aver gestito gli attacchi dei misteriosi cracker con grossolana negligenza . Come ha dichiarato un comunicato ufficiale di Baidu, la condotta dell’operatore avrebbe consentito una manomissione maligna e non autorizzata del sito. Manomissione che aveva portato gli utenti ad essere reindirizzati verso una pagina contenente la bandiera dell’Iran e alcune scritte in farsi.

Si era infatti parlato di un nuovo attacco della cosiddetta cyberarmata iraniana , dopo che aveva messo KO Twitter alla metà dello scorso dicembre. Una mossa che aveva tenuto sotto scacco il sito per circa quattro ore, prima che tutto tornasse alla normalità e che tra i suoi DNS venisse ripristinato l’ordine.

Ora, Baidu ha intentato causa nei confronti del servizio DNS statunitense, con la principale accusa di corresponsabilità dei cyberattacchi della scorsa settimana. La prolungata interruzione dei servizi del search engine avrebbe provocato seri danni all’azienda, per cui una corte di New York dovrà decidere se il sito del paese asiatico potrà ottenere un più o meno cospicuo risarcimento.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
20 gen 2010
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