Bisticci sui CD protetti

Bisticci sui CD protetti

Editori di musica e case di registrazione sono in rotta di collisione sulle royalty da applicare ad alcuni tipi di CD protetti, questione che tira in ballo anche la distribuzione della musica on-line e il prezzo dei CD
Editori di musica e case di registrazione sono in rotta di collisione sulle royalty da applicare ad alcuni tipi di CD protetti, questione che tira in ballo anche la distribuzione della musica on-line e il prezzo dei CD


Roma – I CD di musica protetti, che tante critiche hanno sollevato fra i consumatori, hanno finito per far germogliare il seme della discordia anche all’interno della stessa industria discografica.

A far degenerare i già non idilliaci rapporti fra produttori di musica e case di registrazione è intervenuto, di recente, un diverbio legato ai cosiddetti CD “ibridi” o a “doppia sessione” , un tipo sempre più diffuso di CD col lucchetto che offre due differenti versioni della stessa musica: una sessione contenente tracce audio tradizionali, riproducibili sui normali lettori di CD, e un’altra sessione contenente file audio compressi (in genere in formato Windows Media Audio), riproducibili invece su buona parte dei personal computer e dei player MP3. Entrambi i formati adottano dei meccanismi di protezione che, almeno sulla carta, dovrebbero impedire la copia della musica.

Dal momento che, come si è detto, i CD a doppio formato contengono due copie dei brani, autori ed editori di musica affermano che le etichette di registrazione debbano moltiplicare per due anche le royalty a loro dovute per i diritti d’autore. Poco importa, secondo gli editori, se i brani sono gli stessi: i CD ibridi, secondo il loro punto di vista, contano “per due”.

La diatriba potrebbe fra l’altro estendersi anche ad alcuni dischi in formato Super Audio Compact Disc (SACD) che contengono una versione dei brani musicali riproducibile anche sui normali lettori di CD.

Editori ed autori, che ricevono il pagamento di pochi centesimi di dollaro per ogni copia venduta dei propri brani, stanno negoziando con le case di registrazione da mesi: ad oggi, però, non è stato ancora annunciato nessun accordo definitivo. Il punto più caldo della questione è rappresentato dai milioni di dischi ibridi che sono già stati venduti in tutto il mondo: la sola Macrovision , uno dei maggiori fornitori di tecnologie anti-copia, ha di recente ha annunciato di aver prodotto oltre 200 milioni di CD a doppia sessione. Da ciò ne risulta che le etichette potrebbero essere costrette a pagare ai publisher “arretrati” con parecchi zeri.

Contro le pretese di chi scrive e pubblica la musica, le case di registrazione hanno cercato di farsi scudo dietro alla minaccia di alzare il prezzo dei CD ibridi , una mossa che, andando nella direzione opposta a quella da lungo tempo caldeggiata dai consumatori, potrebbe far crollare le vendite di tali supporti. Più che una minaccia concreta, quella lanciata dalle case di registrazione appare tuttavia come una provocazione.

Di tornare indietro, ossia a CD senza doppio formato o addirittura senza alcuna forma di protezione, non se ne parla neppure: i distributori di musica affermano infatti che i CD ibridi costituiscono al momento il miglior compromesso possibile fra l’esigenza di frenare la pirateria e quello di fornire ai consumatori la libertà di ascoltare la propria musica su di un ampio numero di dispositivi. Tali interessi, fanno notare le etichette, dovrebbero stare a cuore anche ai detentori dei copyright.

Dal loro canto, gli editori di musica vedono nella questione appena sollevata l’opportunità per rivedere i contratti in essere con le case di registrazione; contratti che, secondo loro, riservano ai proprietari della musica una percentuale troppo bassa dei proventi derivanti dalla vendita dei CD. I publisher sono interessati a mettere sul tavolo delle trattative anche la distribuzione on-line, un settore in cui vorrebbero avere più voce in capitolo: quello a cui mirano, in particolare, è ottenere un maggiore controllo sulle iniziative commerciali on-line dei distributori attraverso la stipula di accordi ad hoc.

Gli analisti sostengono che la diatriba in atto potrebbe finire per frenare il mercato della musica e, di conseguenza, danneggiare entrambe le parti. E mentre l’industria discografica bisticcia, il P2P torna a crescere .

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Pubblicato il
20 gen 2004
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